Da che mondo è mondo, si sa, tutte le cose cui viene attribuito un significato particolare da parte di una certa comunità, sono regolate da una precisa liturgia che ne disciplina ogni aspetto, ogni gesto, ogni parola; e questa liturgia diventa sempre più complessa, man mano che quel significato sale nella gerarchia dei valori di quella comunità, fino a lambire il tetto stesso della sacralità.
I protagonisti –sacerdoti ed iniziati- si muovono, parlano, ascoltano, si confrontano immersi in un’atmosfera surreale; recitano formule magiche quasi per esorcizzare la realtà; con il passare del tempo, si esaltano, si eccitano , sfiorano la trance, autoconvincendosi che quel rito abbia o possa avere un effetto salvifico delle loro colpe.
Non vi preoccupate, Ragazzi, non voglio raccontarvi di un sabba in cui si compiono sacrifici umani; voglio solo riportarvi alla mente (o raccontare, per chi non ha avuto la ventura di assistervi mai) l’esperienza vissuta da “esterno” ad una Scuola Tiro di Artiglieria.
Cominciamo col dire che, perché una Scuola Tiro possa definirsi tale, devono sussistere quattro elementi fondamentali: un Osservatorio allestito su almeno due curve di livello; un panorama da “osservare” in cui abbondino gli alberi a palla e siano privi di campanili (poi capirete il perché!); decine di migliaia di ciottoli a grandezza variabile, tutti rigorosamente pittati di bianco, per delimitare viottoli, parcheggi, WC, tende varie; uno schizzo panoramico (sono tollerati anche quelli fotografici).
Tutto ha inizio, un paio di mesi prima, con l’emanazione di pacchetti d’ordini successivi, redatti nella più scrupolosa osservanza delle librette, in cui tutto è codificato e niente lasciato al caso od all’iniziativa individuale: dalla grandezza dei ciottoli a seconda della destinazione d’uso, alla tipologia dei pennelli per pittarli, alla definizione dell’apposita squadra incaricata di rendere a palla eventuali alberi che non lo fossero.
Finalmente arriva il gran giorno! Tutto il reggimento è mobilitato: vengono posizionati i movieri uno ogni 10 metri, intervallati con la segnaletica Stanag del Reparto; vengono apportati gli ultimi ritocchi ai ciottoli con pennellini di alta precisione; si allestiscono i tavoli per i Vip con binocoli, cartelle, bussole matite, telefoni da campo; si piazzano il goniometro ed il cornuto; si dà un’ultima lucidatina alle ruote dei mezzi ed agli anfibi; una spolveratina fugace all’erba e....tutto è pronto!
Tralascio l’arrivo della “massima autorità” (quasi sempre intorno alle dieci) per non annoiarvi con scene della malavita con la stesura di veri e propri tappeti umani, genuflessioni fantozziane, immancabili “arresti” distribuiti con salomonica disinvoltura; così come tralascio di raccontarvi l’inquadramento topografico che dura mediamente tra l’ora e l’ora e mezza, è recitato a memoria (guai a leggere!) da un poveraccio reduce da tre mesi di isolamento, parte dalla descrizione di tutte ma proprio tutte le formazioni geologiche ed è “animato” da un bacchettaro che indica regolarmente la parte opposta di quella che viene citata.
E siamo arrivati intorno a mezzogiorno e qualcuno comincia a chiedersi se non sia il caso di incominciare a sparare. Ecco allora che viene chiamato al cospetto della citata “massima autorità” l’Ufficiale Osservatore, normalmente un Subalterno che “osserva” da un anfratto scavato a mano nella roccia e ricoperto da strati sovrapposti di reti mimetiche.
Il poveretto, uscito indenne da un groviglio di reti e di centine, scala di corsa le curve di livello, si irrigidisce, saluta, si presenta e si becca subito un liscio e busso per una decina di granellini di polvere presenti sugli anfibi, altrimenti immacolati. Poi, il poveretto, viene invitato a voltarsi per ricevere l’indicazione del segno in una girandola vertiginosa di alberi a palla, roccioni bianchi, lingue di bosco e campi arati; il dramma, il primo, si compie quando il poveretto deve controindicare, in evidente penuria dei suddetti elementi di riferimento.
Il poveretto torna nel suo angusto antro e comincia ad applicare formule magiche (quasi, esoteriche) per trasformare vegetazione e rocce in coordinate UTM, mentre i Vip si abbandonano a disquisizioni di alto profilo che, non di rado, attengono anche al “sesso degli angeli”. Il tempo scorre inesorabile e già si avvertono i primi segni di cedimento tra i movieri che sono lì, fermi, dalle tre e tre quarti del mattino.
Quasi per incanto, l’impianto di amplificazione diffonde un orgoglioso Bice pronta; gli sguardi soddisfatti si incrociano; le bocche si atteggiano in sorrisi compiaciuti; decine di artiglieri piazzati sugli alberi sparano altrettanti razzi Very rossi; con la solennità del caso, viene impartito l’ordine di fuoco; il diffusore riecheggia colpo partito; si trattiene il fiato, mentre si contano i secondi; decine di binocoli sono puntati verso il segno; la tensione si potrebbe tagliare con l’accetta; solo la “massima autorità” ostenta la calma che è propria dei più.
Finalmente (sono quasi le due del pomeriggio), un fracasso sordo avverte che qualcosa è esploso sul terreno ma....non proprio dalla parti del segno.
La “massima autorità” è una sfinge; tutti gli altri roteano gli occhi in cerca di uno sguardo di conforto; viene convocato il poveretto che, datasi una lucidatina agli anfibi, risale le curve di livello, si irrigidisce, saluta, si presenta, si becca gli arresti perché il bordo del basco è di due decimi di grado non parallelo al sopracciglio ed è pronto per la domanda fatidica: come giudica lei questo colpo?!
Il poveretto irrigidito tenta di abbozzare una risposta ma viene zittito dalla “massima autorità” che apre il dibattito per conoscere l’opinione di tutti i presenti aventi titolo a parlare; e qui, Ragazzi, inizia il festival della sega al fagiano, in un ranturcinarsi di rose corte e di rose lunghe,di colpi corti e di colpi lunghi, di velocità e direzione del vento, di pendenza del terreno, di umidità dell’aria, qualcuno consiglia pure di verificare le effemeridi
E siamo quasi alle tre del pomeriggio; vi risparmio le scene successive che sono tutte uguali e vi porto, verso le sei sei e mezzo, a quando vengono sparati una decina di razzi Very verdi: è finita, o quasi!
La “massima autorità” fa il suo commento, soffermandosi però più sul bianco quasi accecante dei ciottoli che sull’andamento del tiro. Poi, raccogliendo l’invito del Comandante, si avvia, con incedere para-regale , verso la tenda-buffet seguito dalla torma di tutti coloro che hanno titolo a mangiare.
E’ qui, Ragazzi, che si svolge la vera Scuola Tiro; è qui che si fanno o si stroncano carriere più o meno promettenti!
Tappeti, tavoli con tovaglie di lino ricamate a mano, bicchieri di cristallo, patti di porcellana, posate d’argento, decine di inservienti in livrea e guanti bianchi, illuminazione garantita da artiglieri-ignifori che reggono torce profumate e.....leccornie di ogni specie, natura e sapore.
Ora sì che e finita sul serio!
Ah ! dimenticavo, il povero U.O, ovviamente sempre rigorosamente sugli attenti, è ancora davanti alla Tenda Vip, perché nessuno gli aveva detto che il suo compito era finito. Talvolta è successo che siano passati diversi giorni prima che qualcuno andasse a recuperarlo.
Ancora : l’assenza rigorosa di campanili è dovuta al fatto, sembra, che questi attirino magneticamente sempre qualche colpo, e successivamente , si fa sempre una fatica improba a spiegare al prevosto che “Non l’ abbiamo mica fatto apposta!”.
Con la speranza di avervi fatto sorridere un po’ e di farlo ancora , un caro abbraccio a tutti .
Nota : Tutte le fotografie riportate sono state effettuate grazie a quel "tesoro di Amico" che è Arduino.
Ettore
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Caro Ettore,
RispondiEliminaho aspettato un po' per vedere eventuali commenti piu' autorevoli e competenti del mio , ma ora intervengo per ringraziarti : hai fatto riemergere un ricordo piacevole. Lo racconto perche' , oltre me, vede partecipe il Gen .Giannangeli. Nella tarda primavera del 1973 , da poco assegnato al I/17°, fui chiamato dal Comandante del Btg.: dalla Divisione Granatieri era appena arrivato l'ordine di inviare un Ufficiale di Fanteria alla Scuola tiro del 13° Rgt. a.cam.. Il mattino seguente mi sono presentato alla D.E. e mi hanno detto che avrei fatto l'U.o.. Tutto si e' svolto piu' o meno come hai descritto tu e alla presenza del Comandante della Divisione ( Gen. Giannangeli) fui piu' volte chiamato a descrivere le comunicazioni che inviavo via radio per aggiustare il tiro e le motivazioni delle stesse ( tipo 4e4 , 5 e 3 correzione non ce n'e'). Ricordo anche che il Gen Giannageli apprezzo' che fosse stato impiegato un U. di Fanteria per quel compito e fu data disposizione che ad ogni attivita' dell' Artiglieria partecipasse un U. dell'Arma Base.I miei anfibi erano abbastanza puliti ma al mio fianco, nella buca assegnatami, c'era il C.te del 13° che valutava ed autorizzava in anticipo le indicazioni che inoltravo al Gruppo in esercitazione ! Comunque, forse, era meglio allora anche se i " Vasetti" non mancavano . Bisognava forse fare come un Colonnello che, mi raccontava mio padre, al termine di una esercitazione svolta pochissimo tempo dopo la fine della guerra, non gradi' molto le lunghe e prolisse osservazioni del C.te della D.. Dopo aver pazientemente ascoltato sull'attenti una sequenza di rilievi,disse : " Mi perdoni Eccellenza (allora si diceva cosi') " e , allontanatosi di poco, si mise a pisciare contro un albero. Il Comandante della D. capi' e si allontano' senza aspettare gli onori che gli spettavano!
Giovanni Papi