E' Natale.
Con gli auguri, desidero ricordare a me stesso che , con il detto "Aiutati che Dio ti aiuta", dovremmo riflettere tutti sulla necessità di rimboccarci le maniche per "aiutarci"!
Ne abbiamo davvero bisogno in un Paese allo sbando.
La classe politica attuale solo quattrocento giorni fa, tredici mesi, poco più di un anno, ha di fatto dichiarato la propria incapacità a guidarci fuori dall'attuale situazione. Essa ora, tuttavia, si ripropone compatta come se nulla fosse accaduto. In ogni schieramento appaiono i medesimi connotati nefandi che producono iteratamente modelli negativi, privi di qualunque etica.
Occorre che le forze migliori e sane emergano per raddrizzare la situazione con modelli sani ed alti. La nostra comune formazione ci ha visto certamente protagonisti in ogni settore. Sono certo che esistano forze sane e capaci.
Esse, oggi, devono uscire allo scoperto ed adoperarsi fattivamente per ricostruire il nostro disastrato Paese. Lo dobbiamo fare prima che i nostri Valori scompaiano definitivamente e non vi siano più formatori e maestri per le giovani generazioni.
Romanticamente mi piacerebbe che le Accademie, le Scuole Militari, Noi ex loro Allievi, scendessero in campo a dare una mano: nuovi eroi per una guerra silenziosa che divora e distrugge la cultura e la società italiane.
Materialmente auspicherei che una massa - qualitativamente e quantitativamente rappresentativa del malessere del ceto medio, della borghesia, delle persone che eravamo, che siamo e che non dobbiamo vergognarci di essere- scendesse in campo.
Come?!
A chi mi dovesse criticare perché non so costruire, offro la mia testa! Non credo da solo di poter fare alcunché , so che Voi- che abbiate fatto parte delle Forze Armate, che siate stati " ufficiali o dottori" e che ora , giovanili nell' aspetto , siete giovani dentro- so che Voi ci siete.
Occorre che maturiate l'idea di esporVi : come? Passeggiata di dieci Corsi, dieci, di Modena, Livorno, Pozzuoli, Napoli, Milano, Venezia, Firenze per una via di una qualsiasi città d' Italia.
Il clamore mediatico verrebbe da sè, il calore dell'iniziativa sgorgherebbe dai nostri Cuori, stanchi di vedere questa povera, bistrattata Italia in queste condizioni.
Sicuramente il solito collega/amico/benpensante mi darà addosso ! Uno o più : li conosco, li conosciamo. Loro criticano, non propongono, io non organizzo ma loro non offrono collaborazione a modificare qualcosa che è solo VOGLIA DI FARE.
Ma Voi dove siete? Cosa occorre fare per cacciarVi fuori dal Vostro letargo?
Va tutto bene? Il Vostro silenzio- che dura da sempre- serve per mantenere un serio distacco, per conservare una rendita di posizione che siete destinati a veder affievolire perché siamo soggetti indifendibili e perciò ulteriormente tartassabili?
La Vostra posizione è di vigliaccheria, di disinteresse, di abbandono all' onda veniente ?
Sono certo che non sia così !
Date un segno di vitalità e, anche laddove abbiate altre idee- anche quella di non voler più essere disturbati- fatelo sapere. E' un modo per contarci, per ritrovarci intorno ad una Formula di sostegno a Chi vuole esporsi per migliorare la nostra Res publica, evitando che diventi la " Loro".
Speriamo che il 2013 possa essere ricordato come l'anno della rinascita e che vi sia la vera Epifania che ci consenta di guardare di nuovo in faccia i nostri figli ed i nostri nipoti.
Vi abbraccio Tutti,
Carlo Minchiotti
domenica 23 dicembre 2012
mercoledì 19 dicembre 2012
martedì 18 dicembre 2012
Buon Natale a Tutti!
Da circa dodici anni sono socio di una Onlus dal nome “Pane Quotidiano” il cui scopo è quello di fornire, gratuitamente, pane e cibo a tutti coloro che giornalmente lo chiedono.
La tipologia dei richiedenti è completamente mutata nel tempo trasformandosi dalle iniziali poche decine di barboni milanesi, a qualche centinaia di extracomunitari, alla attuale massa eterogenea di migliaia di persone fra le quali molti giovani disoccupati o separati e molti anziani con pensioni insufficienti.
La situazione economica del nostro Paese è ancora peggiore di come viene descritta perché una buona parte della media borghesia che ha sempre svolto onestamente (dichiarando tutto, pagando le tasse e meritandosi il lavoro per bravura e non per conoscenza o corruzione) il proprio lavoro autonomo (avvocati, commercialisti, ingegneri, artigiani etc. etc.), vede i propri redditi più che dimezzarsi non per mancanza di lavoro bensì per l’insolvenza di clienti che ha servito per anni e verso i quali non può agire con azioni giudiziarie che porterebbero alla chiusura totale dell’azienda debitrice.
Credetemi, quando si tende ad evidenziare le difficoltà dei dipendenti, spesso si esagera nello stigmatizzare situazioni favorevoli ed inesistenti agevolazioni del datore di lavoro il quale, al contrario, se onesto, rischia di non avere nessun guadagno ma paga lo stipendio ed i contributi ai propri collaboratori.
Cosa c’entra tutto questo con il Natale?!...c’entra perché per molti questo Natale sarà più povero di beni materiali ma può essere l’occasione per riscoprire la grandezza e l’indispensabilità di atri beni quali l’affetto, l’amicizia, l’amore per la propria compagna e per i propri figli. Pensate alla gioia che si può provare nel vedere il viso dei propri Cari quando, nello scartare il regalo natalizio, si illuminerà con la stessa gioia degli anni precedenti, nonostante il valore del regalo sia di molto inferiore. No, non voglio assumere le vesti del predicatore ed elargire buonismo a basso costo; resto l’anti berlusconiano di sempre, saccente e polemico come mi vedono coloro che la pensano in maniera diversa.
A Natale, però, ci si rende conto che l’incazzatura che ci ha accompagnati per un anno non serve a niente se non ad allontanarci da coloro che, senza alcuna mala fede, vogliono restare aggrappati al proprio ideale politico, calcistico, bocciofilo etc. etc. etc. .
Domenica scorsa ho passato la giornata con Leonardo Modeo, Capo Corso dei nostri Cappelloni, e, nonostante anche lui abbia lasciato l’Esercito dopo pochi anni di servizio, non abbiamo parlato di politica o di finanza o di economia; l’argomento principe delle nostre conversazioni è stata l’Accademia Militare ed in particolare il periodo che ha preceduto la nostra prima licenza natalizia. Io avevo fatto il viaggio in treno con due nostri anziani, i fratelli gemelli De Ninno (Nicola ci ha lasciato da poco), e sento ancora oggi l’orgoglioso fremito che avevo nello scendere alla stazione di Bari ed abbracciare i miei genitori mostrando loro la mia divisa ed il mio spadino.
Di quel primo periodo da Cadetto, ricordo bene il viso, le espressioni, i pensieri esternati dai compagni di plotone: Ozzola, Genta, Manco, Palmieri, Mastrantonio, Libenzi, Persia, Gibellino, Plasmati, Pogliani e la durezza dello scelto Scheggi che contrastava con la bonaria solidarietà dell’istruttore Visentin (ho scritto i nomi che mi sono venuti in mente e spero di non aver saltato qualcuno; ho omesso Magnani perché non ricordo esattamente quando si è unito a noi). Allora, come oggi, eravamo diversi sia fisicamente che caratterialmente e certamente avevamo anche diverse simpatie politiche.
Inoltre eravamo entrati in una Scuola meritocratica e questo creava una naturale propensione alla competitività. Quella prima licenza natalizia, quindi, avrebbe potuto rappresentare un breve periodo di liberazione ma credo che così non lo sia stato per nessuno di noi perché al primo impatto con i nostri vecchi compagni “borghesi” abbiamo capito la grandezza dell’ideale che ci univa ai nostri fratelli cadetti. L’ideale era rappresentato dalle parole del “Pompa”, dalla nostra Bandiera, dal Giuramento fatto, dal suono del Silenzio, dalle parole che componevano la “poesia del soldato”, dalla consapevolezza che i meriti avrebbero prevalso su qualsiasi altro argomento, dalla certezza che il tuo compagno cadetto era come te e, per questo, non avrebbe mai fatto nulla per farti del male.
Sono passati molti anni, la scuola ha lasciato il posto ai reparti e la vita ha evidenziato quelle diversità che allora non potevamo sentire ma tutte le volte in cui ci siamo incontrati io ho rivisto lo stesso sguardo e le stesse espressioni di tanti anni fa. Credo che questo sia possibile solo perché, al di là delle diversità, è rimasto integro, in ciascuno di noi, il legame verso il giuramento fatto e verso la nostra Costituzione.
Ieri ho seguito la trasmissione di Benigni commentata (anche prima che venisse trasmessa) da alcuni come faziosa e dispendiosa. Ebbene, io credo che sia stato un male, per gli Italiani, l’allontanamento dal teatro perché, attraverso le sue rappresentazioni, veniva facilitata la comprensione su principi, situazioni, atteggiamenti della vita comune. Forse Benigni è stato pagato troppo (meno di quanto paghiamo, perché “onorevoli”, gli avvocati di Berlusconi per difenderlo dal’accusa di induzione alla prostituzione minorile) ma ha profuso arte e, forse, ha fatto comprendere agli italiani perché, 47 anni fa, un corpuscolo di giovani, in piena rivoluzione culturale, scelsero la via del lavoro, della fedeltà e dell’onestà.
Buon Natale a tutti,
Francesco
Auguri Junior!!!
Caro Babbo
Natale,
nel lavoro
intenso di questi giorni, non dimenticare di effettuare un
"passaggio" benefico in quel di Finale Emilia.
Sappiamo che sei
veramente e tanto impegnato ma lì, in quella terra , si è concentrata una
devastante forza che ha tolto il sorriso alla gente, non la speranza. Sai, noi del 150° Corso “Montello”, abbiamo visto, quasi ammirato -direttamente o con le fotografie scattate nell'occasione- quei ragazzi dello “Junior Finale”, una vecchia, paludata e nobile Società sportiva che oggi attende alla formazione, non solo atletica, dei giovani. Abbiamo constatato quanta volontà, quanta grinta abbiano i Dirigenti, spesso anche genitori, i Tecnici e gli stessi ragazzi. Ed abbiamo conosciuto il Sindaco, che ci è sembrato un uomo volitivo, determinato, entusiasta: quello che si dice “un tosto”!
E' gente che,
nella sfortuna, ha sicuramente raccolto intorno a sé la solidarietà , la
simpatia di tanti, anche lontani. Abbiamo letto che, dopo soli sette mesi dalla
tragedia del terremoto, nessuna delle 2200 persone sistemate sotto tenda lo è
più: un vero inno all’efficienza ed alla determinazione di quella Gente
meravigliosa.
Nonostante
questo, però, abbiamo avuto l' impressione che, fatto molto, manchi oggi il
calore del sostegno, quell' attenzione alla Famiglia che è tutto in periodi
normali ma che diventa INDISPENSABILE nei momenti di sofferenza, di privazione.Ed allora, Babbo Natale, carica la Tua slitta del dono dell'Amore, aggiungi sacchi di sorriso e di aiuto a continuare a sperare, fai in modo che , soprattutto i ragazzi, sentano l'affetto di quelli più fortunati - noi tra essi - che vorrebbero la pronta e definitiva risoluzione di ogni Loro problema.
Sappiamo, Babbo
Natale, di averTi dato un compito arduo ma contiamo molto sulla Tua esperienza:
Tu sai come diffondere la serenità e la Tua presenza è garanzia di allegria. di
conforto, di speranza.
Oggi contiamo su
di Te, augurando ai nostri Amici, ai Loro Genitori, alla popolazione di Finale
Emilia ed a tutti gli Emiliani colpiti dal sisma, una vita più tranquilla di
quella toccata Loro in sorte.
E che Tu, lieve
nella Tua goffa dimensione da favola, possa dare Loro , come nella migliore
tradizione, il sollievo del Tuo passaggio.
Buon Natale a
Te, buon Natale ai nostri Cari ragazzi ed ai Loro Familiari.
Il 150° Corso “Montello”.
Natale 1973
Ogni volta che si avvicinano le
Feste di Fine Anno, mi torna in mente il mio primo Natale a Sulmona.
Nel Dicembre del ’73, come tutti noi, ero Comandante di un Plotone e sostituivo il Comandante di Cp. ( nel mio caso Fucilieri ) . Non c’è niente di eroico o esaltante nei miei ricordi che, vista l’età, potrebbero non essere precisissimi. Forse Giggione potrà correggermi, non lo potrà più fare , purtroppo, il nostro indimenticabile amico Roberto.
Ebbene , in quel fine anno ,
naturalmente trascorsi il Natale di servizio (forse di Picchetto o forse in
Compagnia, boh ! ) ma le due cose , contrastanti fra loro , che caratterizzano quei
giorni , furono queste : il 31 dicembre , di mattina presto, giunse alla
Stazione un treno merci, lunghissimo, carico di munizioni che, per un mai ben
chiarito motivo burocratico, dovevano essere caricate sui CM e trasportate al
vicino Deposito, entro la fine dell’anno. E così tutti i reparti del
Battaglione, a turno, riuscirono, sotto una pioggia torrenziale, a compiere
quel piccolo miracolo che tanti vecchi soldati di quel contingente,
ricorderanno ancora come uno dei tanti, imspiegabili misteri della vita
militare! Probabilmente c’erano anche Roberto e Giggione con i loro uomini, ….chissà…..
! In particolare ricordo l’ “odore” del cappotto di panno che , inzuppato come
era, ci mise più di due giorni ad asciugarsi sopra il termosifone.
L’altro compito che fu assegnato
alla mia Compagnia fu quello, tradizionale per il 17°, di fornire un S.Ten. con
una maglia radio necessaria per il coordinamento delle varie azioni che
dovevano essere eseguite durante lo svolgimento del ……..Presepe Vivente di
Rivisondoli.
Ebbene sì, a quei tempi non
c’erano esigenze di bilancio, orario di servizio, straordinario ed i soldati erano tutti di
leva. E così nei giorni precedenti la rappresentazione -che si svolge tuttora
il 6 gennaio-, questo sparuto gruppo di specializzati delle Trasmissioni , si
addestrarono in cortile con le vecchie R300 di cui tutti noi ricordiamo il peso
sulle spalle. Io, per far passare una tranquilla Epifania al C.te di Btg,, fui
incaricato di accompagnare la pattuglia di eroi . Così, dopo aver montato le
catene sui mezzi, ci avviammo e
raggiungemmo il paese, bellissimo sotto la neve. Affidai, come indicatomi, la
squadra ai responsabili della manifestazione e rientrai in Caserma. Tornarono
nel pieno della notte -perché il Presepe si svolge di sera- e finalmente il
Cap. d’Ispezione ed io potemmo tornare a casa ; l’Ufficiale di Picchetto
scrisse l’ora del rientro nel registro delle novità, mettendo la parola fine a
quella attività così singolare per dei militari.
Arrivò anche una lettera di
elogio per l’impegno mostrato dai soldati cui seguì l’immancabile licenza premio.
A quei tempi non c’era ancora
l’inflazione delle manifestazioni popolari che oggi pullulano in tutti i paesi
ed in tutte le città : il Presepe di Rivisondoli, con i suoi tanti figuranti a
cavallo e , a volte, sui cammelli, era un evento pressoché unico in Italia.
Un Saluto ed un Augurio a tutti,
Giovanni Papi
P.S.
Giustamente, gli eventuali
lettori si chiederanno quale motivo ci possa essere per rendere pubbliche
queste superflue e personali rimembranze : nemmeno io lo so ma lo sa
sicuramente lo spirito del nostro splendido Corso. sabato 15 dicembre 2012
Arrivederci Comandante!
Oggetto: Il Silenzio.
Con preghiera di trasmettere all’ “Allievo qualunque”:
Caro Amico ,
non si sorprenda per la confidenza, ma siamo certi che ne capirà il senso dopo aver ascoltato ciò che abbiamo da dirle: oggi pomeriggio un alpino della Taurinense ha suonato nella chiesa di Lombardore un lacerante “silenzio” .
E’ stato il saluto più appropriato che abbiamo ritenuto di far rivolgere a Papà nel momento in cui si presentava al cospetto del Superiore Generale.
Quando, poche settimane fa, ci fu proposto di organizzare un incontro con alcuni di Voi Allievi del 150° Corso , dovemmo prendere una difficile e penosa decisione. Da una parte, infatti, sapevamo che le condizioni di Papà non permettevano quell’incontro ma eravamo altrettanto consapevoli di mentire quando, manifestando un necessario ma infondato ottimismo, ventilavamo la possibilità di un rinvio alla prossima primavera.
Era ormai evidente che le condizioni di salute di Papà si stavano progressivamente aggravando e quell’ incontro non avrebbe più potuto tenersi.
Nel comunicarvi la notizia del decesso di Papà , avvenuto ieri mattina, desideriamo ribadire che l’abbraccio contenuto nel vostro recente messaggio gli è stato di grande conforto e lo ha stretto sostenendolo nel suo inevitabile finale.
Per questo, caro Amico “Allievo qualunque”, e per tutta la gioia che il suo costante ricordo Gli ha procurato negli anni, non possiamo far altro che rivolgerle il nostro più sentito ringraziamento.
Pierluigi e Giancarlo DurantiCaro Amico ,
non si sorprenda per la confidenza, ma siamo certi che ne capirà il senso dopo aver ascoltato ciò che abbiamo da dirle: oggi pomeriggio un alpino della Taurinense ha suonato nella chiesa di Lombardore un lacerante “silenzio” .
E’ stato il saluto più appropriato che abbiamo ritenuto di far rivolgere a Papà nel momento in cui si presentava al cospetto del Superiore Generale.
Quando, poche settimane fa, ci fu proposto di organizzare un incontro con alcuni di Voi Allievi del 150° Corso , dovemmo prendere una difficile e penosa decisione. Da una parte, infatti, sapevamo che le condizioni di Papà non permettevano quell’incontro ma eravamo altrettanto consapevoli di mentire quando, manifestando un necessario ma infondato ottimismo, ventilavamo la possibilità di un rinvio alla prossima primavera.
Era ormai evidente che le condizioni di salute di Papà si stavano progressivamente aggravando e quell’ incontro non avrebbe più potuto tenersi.
Nel comunicarvi la notizia del decesso di Papà , avvenuto ieri mattina, desideriamo ribadire che l’abbraccio contenuto nel vostro recente messaggio gli è stato di grande conforto e lo ha stretto sostenendolo nel suo inevitabile finale.
Per questo, caro Amico “Allievo qualunque”, e per tutta la gioia che il suo costante ricordo Gli ha procurato negli anni, non possiamo far altro che rivolgerle il nostro più sentito ringraziamento.
Caro Comandante,
fai parte di quelle Persone speciali e care che non dovrebbero mai lasciarci.
Sei stato per noi, “implumi” Allievi di Palazzo ducale, padre, fratello, maestro. E, dopo averci salutato come “Signori Ufficiali” nel Cortile d’Onore, hai continuato a seguirci, a guardarci con l’orgoglioso senso dell’appartenenza di chi aveva la certezza di aver seminato bene.
Una vita dedicata alla Tua Famiglia ed ai Tuoi dipendenti, ad un mondo che, negli ultimi anni, scorreva solo davanti ai Tuoi occhi. In quelle immagini, ne siamo certi, un posto era riservato a noi, divenuti un riquadro importante del Tuo passato di eccelso Comandante di uomini.
Noi Ti abbiamo apprezzato e stimato allora; abbiamo continuato a farlo ricordando un periodo assai duro, reso tante volte più leggero dai Tuoi interventi che hanno facilitato il rigore della nostra formazione; abbiamo vissuto, in questi ultimi anni, un rapporto privilegiato, fatto di emozioni ed amore filiale.
Il passare degli anni, Comandante caro, ha, quindi, reso più maturi i sentimenti, mai affievolitisi, nella consapevolezza che la guida che ci hai offerto è stata una stella nella vita di ciascuno di noi.
Il passaggio, naturale per quanto si voglia ed atteso, ci lascia, comunque, attoniti e tristi. Continueremo a vederTi lì, tra quelle mura in cui abbiamo avuto la fortuna e l’onore di conoscerTi e di apprendere dalla Tua fermezza , dal Tuo entusiasmo, dalla Tua saggezza.
Guidaci, al pari ed insieme ai nostri Cari ai quali Ti sei aggregato, con la lungimiranza che ha contraddistinto tutta la Tua vita.
E consentici di sognare di ritrovarTi ancora una volta, e per sempre, per ricevere quei paterni “ buffetti” che sapevi imprimere come se fossero benedizioni. Comandante, ci hai reso Uomini e comandanti: grazie !
E così sia .
I Tuoi ragazzi del 150° Corso “Montello”.fai parte di quelle Persone speciali e care che non dovrebbero mai lasciarci.
Sei stato per noi, “implumi” Allievi di Palazzo ducale, padre, fratello, maestro. E, dopo averci salutato come “Signori Ufficiali” nel Cortile d’Onore, hai continuato a seguirci, a guardarci con l’orgoglioso senso dell’appartenenza di chi aveva la certezza di aver seminato bene.
Una vita dedicata alla Tua Famiglia ed ai Tuoi dipendenti, ad un mondo che, negli ultimi anni, scorreva solo davanti ai Tuoi occhi. In quelle immagini, ne siamo certi, un posto era riservato a noi, divenuti un riquadro importante del Tuo passato di eccelso Comandante di uomini.
Noi Ti abbiamo apprezzato e stimato allora; abbiamo continuato a farlo ricordando un periodo assai duro, reso tante volte più leggero dai Tuoi interventi che hanno facilitato il rigore della nostra formazione; abbiamo vissuto, in questi ultimi anni, un rapporto privilegiato, fatto di emozioni ed amore filiale.
Il passare degli anni, Comandante caro, ha, quindi, reso più maturi i sentimenti, mai affievolitisi, nella consapevolezza che la guida che ci hai offerto è stata una stella nella vita di ciascuno di noi.
Il passaggio, naturale per quanto si voglia ed atteso, ci lascia, comunque, attoniti e tristi. Continueremo a vederTi lì, tra quelle mura in cui abbiamo avuto la fortuna e l’onore di conoscerTi e di apprendere dalla Tua fermezza , dal Tuo entusiasmo, dalla Tua saggezza.
Guidaci, al pari ed insieme ai nostri Cari ai quali Ti sei aggregato, con la lungimiranza che ha contraddistinto tutta la Tua vita.
E consentici di sognare di ritrovarTi ancora una volta, e per sempre, per ricevere quei paterni “ buffetti” che sapevi imprimere come se fossero benedizioni. Comandante, ci hai reso Uomini e comandanti: grazie !
E così sia .
Cari Pierluigi e Giancarlo,
è con sincera ed fraterna vicinanza che partecipiamo al Vostro grande dolore per la scomparsa di Uomo Speciale e profondamente Buono.
E consentiteci di ringraziarVi per avere facilitato e, spesso, favorito il perpetuarsi dei nostri rapporti con il Comandante, dandoci l’immensa gioia di continuare a manifestarGli il nostro imperituro affetto.
Un Allievo qualunque.
mercoledì 12 dicembre 2012
De senectute
Ragazzi,
la maggioranza di noi ha superato brillantemente il 65° anno di età, altri sono lì lì ed il resto non ne è molto lontano; che ci piaccia o no, siamo, statisticamente e socialmente, degli ANZIANI.
Capiamoci subito che la cosa non mi tange più di tanto, anche perché, dallo spirito che ci anima e dalle cazzate che continuiamo a sparare, sembra che la cosa non ci abbia toccato più di tanto. I “fisici” sono ancora ben saldi e le menti sembrano non aver risentito affatto del trascorrere del tempo, tanto che non si risparmiano per niente nell’alternare le cazzate di cui sopra con argomenti arguti e profondi. Diciamocelo pure, Ragazzi: siamo la rappresentazione compiuta di quegli “splendidi vecchietti” che il mio augusto conterraneo fa tratteggiare a Catone il Censore!
Un brevissimo cenno alle statistiche (Libro Bianco 2012 “La salute dell’anziano e l’invecchiamento in buona salute”) ci fa capire che costituiamo una cospicua percentuale della popolazione; percentuale che, nel futuro, sarà ancor più elevata se è vero quello che si dice che, nel 2060, ci saranno solo due persone in età lavorativa per ogni over65, a fronte del 4 ad i di oggi; se a questo aggiungiamo il bassissimo tasso di natalità e l’allungamento della vita, si fa presto a superare il 20% come proporzione di persone di 65 anni ed oltre sulla popolazione totale.
A questi freddi ma spietati numeri, aggiungo che il “nostro” ruolo è cambiato. Solo qualche decennio fa, l’aver raggiunto la dignità di anziano costitutiva il lasciapassare per una vita tranquilla -quasi pantofolaia- , il godersi il meritato riposo dopo una vita di lavoro, il ricevere le visite di figli e nipoti che riscaldavano con il loro affetto, il pensare finalmente ai ….propri in attesa dell’arrivo al traguardo. Oggi non è più così; oggi i nonni prestano la opera opera gratuita a favore di figli e di nipoti; il loro mondo semplicemente non esiste, perché devono dedicare il loro tempo a continuare a mettere pezze dove altri non sono in grado di farlo; in definitiva, oggi il nonno è stato costretto ad annullare a se stesso e, quando non ce la farà più, magari verrà parcheggiato in una squallida casa di riposo, in attesa che la Nera Signora venga finalmente a liberarlo.
Ma non mi va di parlare di percentuali, di problemi sociali, di case di cura e/o di riposo, di iperegoismo filiale; parliamo piuttosto di quanti siamo e di quale valenza possa avere il nostro “peso” per dare una mano per raddrizzare il nostro sgangherato Paese, anche per ringalluzzire un po’ la “categoria”.
Vediamo di capitalizzare l’unica arma che ci hanno lasciato: la forza del numero! Siamo, infatti, una più che significativa componente che VOTA e che costituisce circa il 50% degli iscritti ai sindacati dei “lavoratori”. Insomma, gli anziani –oggi ed ancor più domani- non sono più dei “vuoti a perdere”, pronti per la rottamazione che va tanto di moda; sono una massa da cui non si può prescindere, da blandire, da coccolare, da inserire nei propri bilanci, sia finanziari che elettorali.
Ed è forse per queste ragioni che molti dei cosiddetti “uomini politici” non lesinano tempo per farsi riprendere in compagnia di arzilli (quasi) vecchietti, logicamente solo in vista di appuntamenti elettorali. Molto probabilmente, i “cosiddetti” partono dal presupposto che, ad una certa età, si possa essere più malleabili, si sia più ingenui, si possa credere con più accondiscendenza alle fandonie che sono usi propinare a tutti i livelli, facendo leva sull’ alto senso civico degli anziani che li costringerà ad andare comunque a votare, magari “turandosi il naso”.
A questo punto, voglio lanciare una proposta che parte dalla constatazione che Noi diversamente giovani e quelli che hanno superato da un po’ i 50 costituiamo la schiacciante maggioranza dei votanti (per di più, seria e matura): perché non usiamo, allora, la nostra forza per cambiare sul serio facce e metodi? perché non facciamo, allora, un gesto lungimirante e responsabile e diamo la fiducia ad una generazione nuova di “politici”? perché, allora, non diamo Noi l’esempio e cominciamo a licenziare le cariatidi?
Certo, la carta d’identità non è una garanzia assoluta di serietà e di competenza ma, quanto meno, lo è di certezza di avere il cervello sgombero da inciuci pluridecennali, per non parlare della coscienza forzatamente (a causa dell’età) decisamente più pulita.
Facciamolo per toglierci la soddisfazione di vedere finalmente qualcosa di fresco; facciamolo per il futuro dei nostri nipoti.
E dato che, a quanto pare vivremo fino a cent’anni, facciamolo anche per il Nostro futuro, così avremo fatto, per una volta, qualcosa di positivo per la Società, senza essere considerati solo un peso, per di più scomodo e costoso.
Un abbraccio,
Ettore.
la maggioranza di noi ha superato brillantemente il 65° anno di età, altri sono lì lì ed il resto non ne è molto lontano; che ci piaccia o no, siamo, statisticamente e socialmente, degli ANZIANI.
Capiamoci subito che la cosa non mi tange più di tanto, anche perché, dallo spirito che ci anima e dalle cazzate che continuiamo a sparare, sembra che la cosa non ci abbia toccato più di tanto. I “fisici” sono ancora ben saldi e le menti sembrano non aver risentito affatto del trascorrere del tempo, tanto che non si risparmiano per niente nell’alternare le cazzate di cui sopra con argomenti arguti e profondi. Diciamocelo pure, Ragazzi: siamo la rappresentazione compiuta di quegli “splendidi vecchietti” che il mio augusto conterraneo fa tratteggiare a Catone il Censore!
Un brevissimo cenno alle statistiche (Libro Bianco 2012 “La salute dell’anziano e l’invecchiamento in buona salute”) ci fa capire che costituiamo una cospicua percentuale della popolazione; percentuale che, nel futuro, sarà ancor più elevata se è vero quello che si dice che, nel 2060, ci saranno solo due persone in età lavorativa per ogni over65, a fronte del 4 ad i di oggi; se a questo aggiungiamo il bassissimo tasso di natalità e l’allungamento della vita, si fa presto a superare il 20% come proporzione di persone di 65 anni ed oltre sulla popolazione totale.
A questi freddi ma spietati numeri, aggiungo che il “nostro” ruolo è cambiato. Solo qualche decennio fa, l’aver raggiunto la dignità di anziano costitutiva il lasciapassare per una vita tranquilla -quasi pantofolaia- , il godersi il meritato riposo dopo una vita di lavoro, il ricevere le visite di figli e nipoti che riscaldavano con il loro affetto, il pensare finalmente ai ….propri in attesa dell’arrivo al traguardo. Oggi non è più così; oggi i nonni prestano la opera opera gratuita a favore di figli e di nipoti; il loro mondo semplicemente non esiste, perché devono dedicare il loro tempo a continuare a mettere pezze dove altri non sono in grado di farlo; in definitiva, oggi il nonno è stato costretto ad annullare a se stesso e, quando non ce la farà più, magari verrà parcheggiato in una squallida casa di riposo, in attesa che la Nera Signora venga finalmente a liberarlo.
Ma non mi va di parlare di percentuali, di problemi sociali, di case di cura e/o di riposo, di iperegoismo filiale; parliamo piuttosto di quanti siamo e di quale valenza possa avere il nostro “peso” per dare una mano per raddrizzare il nostro sgangherato Paese, anche per ringalluzzire un po’ la “categoria”.
Vediamo di capitalizzare l’unica arma che ci hanno lasciato: la forza del numero! Siamo, infatti, una più che significativa componente che VOTA e che costituisce circa il 50% degli iscritti ai sindacati dei “lavoratori”. Insomma, gli anziani –oggi ed ancor più domani- non sono più dei “vuoti a perdere”, pronti per la rottamazione che va tanto di moda; sono una massa da cui non si può prescindere, da blandire, da coccolare, da inserire nei propri bilanci, sia finanziari che elettorali.
Ed è forse per queste ragioni che molti dei cosiddetti “uomini politici” non lesinano tempo per farsi riprendere in compagnia di arzilli (quasi) vecchietti, logicamente solo in vista di appuntamenti elettorali. Molto probabilmente, i “cosiddetti” partono dal presupposto che, ad una certa età, si possa essere più malleabili, si sia più ingenui, si possa credere con più accondiscendenza alle fandonie che sono usi propinare a tutti i livelli, facendo leva sull’ alto senso civico degli anziani che li costringerà ad andare comunque a votare, magari “turandosi il naso”.
A questo punto, voglio lanciare una proposta che parte dalla constatazione che Noi diversamente giovani e quelli che hanno superato da un po’ i 50 costituiamo la schiacciante maggioranza dei votanti (per di più, seria e matura): perché non usiamo, allora, la nostra forza per cambiare sul serio facce e metodi? perché non facciamo, allora, un gesto lungimirante e responsabile e diamo la fiducia ad una generazione nuova di “politici”? perché, allora, non diamo Noi l’esempio e cominciamo a licenziare le cariatidi?
Certo, la carta d’identità non è una garanzia assoluta di serietà e di competenza ma, quanto meno, lo è di certezza di avere il cervello sgombero da inciuci pluridecennali, per non parlare della coscienza forzatamente (a causa dell’età) decisamente più pulita.
Facciamolo per toglierci la soddisfazione di vedere finalmente qualcosa di fresco; facciamolo per il futuro dei nostri nipoti.
E dato che, a quanto pare vivremo fino a cent’anni, facciamolo anche per il Nostro futuro, così avremo fatto, per una volta, qualcosa di positivo per la Società, senza essere considerati solo un peso, per di più scomodo e costoso.
Un abbraccio,
Ettore.
giovedì 6 dicembre 2012
Le primarie del Blog
So che le “
primarie “ hanno un aspetto vermiglio che alcuni benpensanti hanno ritenuto che
non potesse essere condiviso da una destra sfilacciata ed amorfa. Interpretando
l’umore di questo popolo, sfiduciato ed anche un po’ straccione, ecco l’Uomo
nuovo che, riconoscendo l’Italia sul baratro, ha condiviso l’idea di chi
pensava di non dover sottoporre una parte di Italiani alla mortificazione di
una “ conta “. Ed allora, ad Arcore o a palazzo Grazioli, Egli si sarà detto: “via dagli indugi ! Il Popolo
Mi aspetta, la Gente sta sollecitando la Mia discesa in campo, la Patria
richiede non una partecipazione ma un atto di Fede ( non quello al quale Voi
pensate ). Sono il Chiamato, l’Uomo della Provvidenza! “
Saltata l’occasione per la scelta di un
premier di destra “nuovo”, ancorché
dalla faccia” vecchia”, evitiamo di piangerci addosso.
Per prima cosa, ripromettiamoci di ANDARE A
VOTARE.
E, poi,
piuttosto che rinchiuderci in noi stessi, cerchiamo di dare corpo ai nostri
pensieri e valutiamo questa ennesima discesa in campo dell’Immaginifico
Presidente. Qualcuno, partecipando, a queste “ primarie” sui generis potrà
anche dare un’interpretazione diversa da quella ideata dall’Uomo nuovo e,
magari, potrà anche farci sorridere. Perché, cari Amici, quando si è consumato
un pasto e si è giunti alla frutta, una risata, forse, aiuta a digerire quanto
abbiamo mangiato. E di cose amare, nel recente passato, non mi sembra che ci
siano state risparmiate.
REGOLE PER IL
VOTO
1) Sono ammessi al voto i cittadini italiani iscritti
nel 1968 alla Lista 150° “Montello” Accademiles;.
2) Vengono ammesse
tutte le opinioni, purché siano esclusivamente riconducibili al meraviglioso
empireo berlusconiano. Il sistema informatico, di ultimissima generazione, del
Blogger PG Genta eliminerà candidati non graditi, risposte dissenzienti, ogni
forma di contestazione ad un strada che sin da ora appare facilitata di
Entusiasmo, Certezze, Disponibilità all’ascolto, Lungimiranza, Serietà,
Moralità, Rispetto per l’altro, Etica, minimo gradimento per le donne che non
siano accompagnatrici di lusso o perfide studentesse bisognose di “borse di
studio” o “aiutini”.
3) Va sottolineato che le valutazioni “serie”
non verranno prese in considerazione dal momento che già da alcuni giorni i
media sfornano innumerevoli, confortanti pareri sull’Argomento.
PARTECIPATE NUMEROSI
! FARETE VEDERE CHE IL 150° BLOG HA SEGUITO, STIMOLA LE MENTI, MANOVRA….. LE
COSCIENZE.
Buon voto.Vi abbraccio Tutti,
Carlo Minchiotti.
lunedì 3 dicembre 2012
Solitudine
Finalmente, si è conclusa la “grande operazione democratica” (felice definizione di Mary) con la quale sono state presentate le “primarie” del Centro-Sinistra o del Pd o di qualunque altra entità “di sinistra”; che piaccia o no, esse hanno rappresentato una proficua palestra di confronto interno che ha solo portato benefici ai (principali) protagonisti, in particolare, ed al partito/coalizione in generale. Se si potesse pittare la politica con una pennellata di romanticismo (senza offendere il romanticismo), si potrebbe dire che quel dibattito –pur con tutti i suoi limiti talvolta rasenti l’isterismo- ha dato la sveglia a quel popolo di centro-sinistra, da anni in balia dell’abulia: e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, stando almeno ai sondaggi. Vedremo come andrà a finire quando il “gioco si farà duro” e bisognerà smettere di “pettinare le bambole” (altra felice definizione di Mary) e passare a governare l’Italia; visti i “vincitori” ho dei seri dubbi che sia così semplice ma, come si dice, tentar non nuoce!
Tale indubbio successo fa da contraltare al marasma che regna nella “parte avversa”, ridotta oramai ad un caravanserraglio di mancate prime- donne, di aspiranti prime- donne e di semplici “donne” che non diventeranno mai “prime”. Si sta dando uno spettacolo che definire “indegno” sarebbe solo un pietoso eufemismo; si sta smantellando –per meri e bassi fini di narcisistico protagonismo- un castello che, bene o male, aveva retto come “alternativa”; si sta svuotando di significato quel concetto di Centro-Destra che, invece, ci si ostina a gabellare come proprio vessillo. Questo “popolo” –quello liberal-conservatore- sia avvia a diventare afono, dal momento che non ci sarà più nessuno, di credibile, che parli la “sua” (del popolo) lingua.
Allora sorgono spontanee alcune domande: ma di cosa si sta parlando? Per caso si vuol continuare a chiamare “Destra” questo insieme di guitti, appecorronati ed incapaci? O ci si deve fidare di chi, forse vergognandosi, preferisce farsi chiamare “moderato”? o si deve credere a chi ha consentito che si devastassero le finanze pubbliche con l’arroganza che è tipica di chi si sente al di sopra anche della dignità?
No, Ragazzi, io che da sempre mi vanto di essere “di Destra” non ci sto più; non mi va di essere accumunato a coloro che usano il termine solo sotto elezioni ma poi, per il resto della legislatura, continuano a fare i cavolacci loro, fregandosene bellamente dei Valori che stanno dietro a quel termine e che gli danno sostanza e credibilità.
Quando ho incominciato a capirci qualcosa, sentivo dire che la Destra, quella vera, non è solo una scelta politica. E’ anche uno stato d’animo. E’ un codice etico. E’ un decalogo morale. E’ un modello di condotta. E’ probità, lealtà, coraggio, rispetto delle regole, rispetto del passato, rigore legislativo, intransigenza finanziaria, modestia e decoro.
Ed ora, invece? Ora, quei pochi galantuomini che pur si possono trovare sono sommersi, soffocati, annichiliti, zittiti da coorti di marpioni, di cialtroni, di tromboni, di buffoni. Ed allora, io orgoglioso “uomo di Destra” di antico pelo, io mi sento tradito; io sono stato illuso, perché mi si era fatto credere che la questa Destra era quella di sempre, seppur con un abitino nuovo, più moderno, più proiettato nel futuro; io, con il mio voto, avevo mantenuto i patti; essi no, non li hanno mantenuti, forse per il semplice fatto che tutto sono fuorché di Destra.
E’ amaro (almeno per me) riconoscerlo: la “mia” Destra” è morta, ha cessato di vivere quando gli eredi di Coloro che l’avevano legittimata con la Loro dignità di Uomini e di Politici l’hanno ridotta ad un’entità senz’anima, per di più con forti connotati da lupanare.
Mi resta la solitudine che è propria di chi ha vissuto “credendo” e che non ha più un futuro in cui credere.
E mò che faccio?
Un abbraccio,
Ettore.
Tale indubbio successo fa da contraltare al marasma che regna nella “parte avversa”, ridotta oramai ad un caravanserraglio di mancate prime- donne, di aspiranti prime- donne e di semplici “donne” che non diventeranno mai “prime”. Si sta dando uno spettacolo che definire “indegno” sarebbe solo un pietoso eufemismo; si sta smantellando –per meri e bassi fini di narcisistico protagonismo- un castello che, bene o male, aveva retto come “alternativa”; si sta svuotando di significato quel concetto di Centro-Destra che, invece, ci si ostina a gabellare come proprio vessillo. Questo “popolo” –quello liberal-conservatore- sia avvia a diventare afono, dal momento che non ci sarà più nessuno, di credibile, che parli la “sua” (del popolo) lingua.
Allora sorgono spontanee alcune domande: ma di cosa si sta parlando? Per caso si vuol continuare a chiamare “Destra” questo insieme di guitti, appecorronati ed incapaci? O ci si deve fidare di chi, forse vergognandosi, preferisce farsi chiamare “moderato”? o si deve credere a chi ha consentito che si devastassero le finanze pubbliche con l’arroganza che è tipica di chi si sente al di sopra anche della dignità?
No, Ragazzi, io che da sempre mi vanto di essere “di Destra” non ci sto più; non mi va di essere accumunato a coloro che usano il termine solo sotto elezioni ma poi, per il resto della legislatura, continuano a fare i cavolacci loro, fregandosene bellamente dei Valori che stanno dietro a quel termine e che gli danno sostanza e credibilità.
Quando ho incominciato a capirci qualcosa, sentivo dire che la Destra, quella vera, non è solo una scelta politica. E’ anche uno stato d’animo. E’ un codice etico. E’ un decalogo morale. E’ un modello di condotta. E’ probità, lealtà, coraggio, rispetto delle regole, rispetto del passato, rigore legislativo, intransigenza finanziaria, modestia e decoro.
Ed ora, invece? Ora, quei pochi galantuomini che pur si possono trovare sono sommersi, soffocati, annichiliti, zittiti da coorti di marpioni, di cialtroni, di tromboni, di buffoni. Ed allora, io orgoglioso “uomo di Destra” di antico pelo, io mi sento tradito; io sono stato illuso, perché mi si era fatto credere che la questa Destra era quella di sempre, seppur con un abitino nuovo, più moderno, più proiettato nel futuro; io, con il mio voto, avevo mantenuto i patti; essi no, non li hanno mantenuti, forse per il semplice fatto che tutto sono fuorché di Destra.
E’ amaro (almeno per me) riconoscerlo: la “mia” Destra” è morta, ha cessato di vivere quando gli eredi di Coloro che l’avevano legittimata con la Loro dignità di Uomini e di Politici l’hanno ridotta ad un’entità senz’anima, per di più con forti connotati da lupanare.
Mi resta la solitudine che è propria di chi ha vissuto “credendo” e che non ha più un futuro in cui credere.
E mò che faccio?
Un abbraccio,
Ettore.
domenica 18 novembre 2012
Gli epigoni
E’ un po’ di tempo che non mi faccio sentire o che non affliggo, a seconda dei punti di vista; è altrettanto vero che il nostro Blog non è che stia vivendo la stagione migliore della sua esistenza.
Provo a dargli una smossa, affrontando un argomento che è più attuale che mai: le elezioni, ai vari livelli.
A premessa, corre l’obbligo di evidenziare che non correrò né correremo il pericolo di scivolare nella diatriba ideologica, per il semplice fatto che non esistono più ideologie, così come non esistono più i “nomi” dei partiti che, solo a leggerli, ti davano subito la misura di che cosa sarebbero stati portatori.
Fra qualche mese (si dice il 10 marzo 2013, 141° anniversario della morte di Giuseppe Mazzini), saremo chiamati ad eleggere i nostri “rappresentanti” che, secondo la nostra ricca Lingua, dovrebbero essere coloro incaricati di agire in nome e per conto di altri, cioè Noi.
Siccome non riesco a vedere nessuno degli attuali che sia in grado di convincermi di avere le caratteristiche almeno morali di quella definizione, sottopongo alla Vostra riflessione questo scritto, tratto dal “De Officiis” di Cicerone:
«In sintesi, coloro che hanno intenzione di dedicarsi alla vita politica si attengano a due insegnamenti di Platone: uno, di difendere l’interesse dei cittadini in modo tale da mirare ad esso, dimentichi del proprio utile, qualunque cosa facciano, l’altro, di occuparsi dell’intero complesso dello Stato, affinché, mentre fanno gli interessi di una parte, non trascurino tutte le altre. Tanto la tutela quanto l’amministrazione dello Stato devono infatti essere condotte a vantaggio di coloro che sono stati affidati ai governanti, non di coloro a cui esse sono state affidate. Coloro che invece hanno cura di una parte dei cittadini, ma ne trascurano l’altra parte, introducono nello Stato un fattore pericolosissimo, e cioè la rivolta e le lotte civili; ne consegue che alcuni sembrano difensori degli interessi del popolo, altri di tutti gli aristocratici (attualizzati in “gli esponenti della classe dirigente”), ma pochi solleciti nei confronti di tutti i cittadini. [...] Un cittadino serio ed onesto e degno di governare lo Stato fuggirà e odierà questi mali, dedicherà tutto se stesso allo Stato, non ricercherà la ricchezza o il potere e proteggerà tutto lo Stato in modo tale da aver cura di tutti. E inoltre non provocherà nessuno all’odio o alla malevolenza con false accuse e aderirà integralmente alla giustizia e all’onestà. [...] In generale, sono davvero miseri l’ambizione e il desiderio di prestigio; su questi argomenti si legge, sempre in Platone, che “coloro che litigavano per chi dei due amministrasse principalmente lo Stato si comportano come se fossero marinai che lottano per chi in particolare governi la barca”».
Certo che queste parole -che il mio illustre conterraneo scrisse un anno prima del suo assassinio-, rapportate al deserto ideale e morale della nostra “politica”, sembrano pronunciate da un marziano e destinate a dei venusiani.
Già il titolo stesso dell’Opera (“Dei doveri”) suona come un anacronismo in una società dove esistono solo “diritti”, dove ciascuno pensa al suo “particulare”, ammantandolo di una subdola ipocrisia che, però, “appartiene al novero delle iniziative private ed ognuno la esercita per fini personali”, come scriveva Indro Montanelli.
Ragazzi che Vi devo dire? Sperare di poter trovare degli epigoni di coloro che descrive Cicerone mi sembra un’impresa titanica e senza alcuna speranza di riuscita. Francesco probabilmente dirà che bisogna sforzarsi di andarli a cercare ma….tra chi?!
Un abbraccio,
Ettore
Provo a dargli una smossa, affrontando un argomento che è più attuale che mai: le elezioni, ai vari livelli.
A premessa, corre l’obbligo di evidenziare che non correrò né correremo il pericolo di scivolare nella diatriba ideologica, per il semplice fatto che non esistono più ideologie, così come non esistono più i “nomi” dei partiti che, solo a leggerli, ti davano subito la misura di che cosa sarebbero stati portatori.
Fra qualche mese (si dice il 10 marzo 2013, 141° anniversario della morte di Giuseppe Mazzini), saremo chiamati ad eleggere i nostri “rappresentanti” che, secondo la nostra ricca Lingua, dovrebbero essere coloro incaricati di agire in nome e per conto di altri, cioè Noi.
Siccome non riesco a vedere nessuno degli attuali che sia in grado di convincermi di avere le caratteristiche almeno morali di quella definizione, sottopongo alla Vostra riflessione questo scritto, tratto dal “De Officiis” di Cicerone:
«In sintesi, coloro che hanno intenzione di dedicarsi alla vita politica si attengano a due insegnamenti di Platone: uno, di difendere l’interesse dei cittadini in modo tale da mirare ad esso, dimentichi del proprio utile, qualunque cosa facciano, l’altro, di occuparsi dell’intero complesso dello Stato, affinché, mentre fanno gli interessi di una parte, non trascurino tutte le altre. Tanto la tutela quanto l’amministrazione dello Stato devono infatti essere condotte a vantaggio di coloro che sono stati affidati ai governanti, non di coloro a cui esse sono state affidate. Coloro che invece hanno cura di una parte dei cittadini, ma ne trascurano l’altra parte, introducono nello Stato un fattore pericolosissimo, e cioè la rivolta e le lotte civili; ne consegue che alcuni sembrano difensori degli interessi del popolo, altri di tutti gli aristocratici (attualizzati in “gli esponenti della classe dirigente”), ma pochi solleciti nei confronti di tutti i cittadini. [...] Un cittadino serio ed onesto e degno di governare lo Stato fuggirà e odierà questi mali, dedicherà tutto se stesso allo Stato, non ricercherà la ricchezza o il potere e proteggerà tutto lo Stato in modo tale da aver cura di tutti. E inoltre non provocherà nessuno all’odio o alla malevolenza con false accuse e aderirà integralmente alla giustizia e all’onestà. [...] In generale, sono davvero miseri l’ambizione e il desiderio di prestigio; su questi argomenti si legge, sempre in Platone, che “coloro che litigavano per chi dei due amministrasse principalmente lo Stato si comportano come se fossero marinai che lottano per chi in particolare governi la barca”».
Certo che queste parole -che il mio illustre conterraneo scrisse un anno prima del suo assassinio-, rapportate al deserto ideale e morale della nostra “politica”, sembrano pronunciate da un marziano e destinate a dei venusiani.
Già il titolo stesso dell’Opera (“Dei doveri”) suona come un anacronismo in una società dove esistono solo “diritti”, dove ciascuno pensa al suo “particulare”, ammantandolo di una subdola ipocrisia che, però, “appartiene al novero delle iniziative private ed ognuno la esercita per fini personali”, come scriveva Indro Montanelli.
Ragazzi che Vi devo dire? Sperare di poter trovare degli epigoni di coloro che descrive Cicerone mi sembra un’impresa titanica e senza alcuna speranza di riuscita. Francesco probabilmente dirà che bisogna sforzarsi di andarli a cercare ma….tra chi?!
Un abbraccio,
Ettore
lunedì 5 novembre 2012
La forza dei sentimenti
Qualche giorno fa, un AGM o “Allievo qualsiasi” del 150° ha fatto pervenire la lettera sottostante, nella quale, con un’ invidiabile maestria dialettica, ha saputo trasfondere tutta la forza di un radicato e mai sopito sentimento di affetto e di riconoscenza per il Nostro Comandante.; così com’era, è stata inviata ad uno dei figli.
Leggetela quella lettera, Ragazzi, così come leggete la sintesi della risposta: Ve ne verrà un indubbio arricchimento morale, una benefica sensazione di pace interiore, un anelito di giustificato orgoglio per aver contribuito alla serenità –seppur momentanea- di un Uomo che Noi tutti amiamo e che è sempre più prigioniero dell’età.
Tutti i “commenti” Gli verranno recapitati.
Un abbraccio,
Q.d.B.
Il nostro Comandante, il Comandante per antonomasia , ha raccolto intorno a se' l' affetto e la stima dei Suoi ex Allievi, frequentatori di Corso mentre Egli comandava il Battaglione. Sono passati ventiquattro anni da quando quel Corso ha celebrato il ventennale; in quella circostanza il Gen. Duranti , nel pieno delle forze, ha ricevuto da tutti i presenti attestazioni di affetto e di gratitudine per come aveva assolto il Suo difficile compito di formatore e di Comandante. A Lui veniva riconosciuta, in particolare, la capacità di valutare ogni cosa con grande serenità , la comprensione verso giovani in crescita che dovevano raggiungere l' ambizioso obiettivo di diventare a loro volta comandanti di uomini, la pacatezza nelle decisioni da assumere a fronte di ordini che non sempre collimavano con il buon senso e le necessità contingenti dei frequentatori.
E, già allora , il nostro Comandante, a noi che eravamo ormai uomini esperti, appariva un Mito che aveva a cuore le sorti di ciascuno di noi, giudicati come non meglio si poteva . Gli anni sono passati , abbiamo superato il trentennale, abbiamo festeggiato in più occasioni, tutte gioiose, i quaranta anni , ci siamo messi sull' attenti, in pochi o tanti a seconda dei punti di vista, dinanzi al Sacello Sacro del Vittoriano. Una vita dedicata alla Patria sia da quelli che l' hanno passata in armi, sia da coloro che, pur avendo operato altre scelte, si sentono strettamente legati agli ideali che li avevano indotti ad entrare in Accademia ed ai loro compagni di corso militari. Mamma Accademia ci ha unito e ci ha affratellato: e' un incontrovertibile dato di fatto che affonda le motivazioni in una educazione che ha posto l' Amicizia tra i Valori. Il Gen. Duranti ha vivificato questi sentimenti , ricevendo in cambio Affetto , Stima, Ammirazione di tantissimi che oggi - mentre la Sua salute vacilla- Lo vorrebbero riabbracciare, esprimendoGli la loro incondizionata ed enorme riconoscenza.
Ma il Gen. Duranti non e' stato solo il Comandante di Battaglione del 150°; molti altri prestigiosi Comandi, tantissimi, forse decine di migliaia, i soldati alle dipendenze. Eppure oggi , di questo ne abbiamo testimonianza certa, la Sua memoria viaggia verso i ricordi di quei giovani, noi, che tante soddisfazioni Gli hanno riservato. E i ricordi, quei bei ricordi, vivificati dalle fotografie delle nostre cerimonie di oggi e da qualche telefonata che e' possibile farGli, costituiscono l' ossatura della Sua giornata. Si sono generate, così, una eccezionale simbiosi tra Comandante ed Allievi di ieri ed una meravigliosa catena di Amore e di affetto tra generazioni diverse, entrambe non più giovani.
Cosa può avere provocato tutto ciò ? Come può essere possibile che la considerazione di un Ufficiale della caratura del Gen. Duranti si sia concentrata su di noi? Non si può pensare ai nostri meriti, pur riconoscendoli ad ognuno ; non si può pensare alla condizione speciale goduta da un Corso, il nostro, che è ai nostri occhi il Migliore, non si può credere che il Gen. Duranti non abbia avuto, tra i collaboratori, uomini di valore. Si è certi, però, che le Sue riconosciute qualità abbiano veicolato ,da noi verso di Lui, e sicuramente all' inverso, quei sentimenti che oggi albergano in ciascuno di noi e che Lui, sempre così sensibile e partecipe, ha avvertito da allora. E sono anche certo che oggi l' unicità dei ricordi risieda proprio nel feeling stabilitosi nel tempo, da tutti noi sempre onorato con costanza ed affetto e da Lui mai messo in discussione ma anzi sempre esaltato e vivificato.
Grazie, Comandante, per averci consentito di volerTi bene, grazie per quello che ci hai dato, per come ce l'hai porto, per quanto, ieri come oggi, rappresenti per noi. E quando, nel trascorrere delle Tue lunghe ore dinanzi alla teca dei ricordi, ci passi ancora una volta in rassegna, non dimenticare che hai in ognuno dei Tuoi Allievi di allora un Tuo fedelissimo che vorrebbe esserTi a fianco per sognare insieme .
Auguri, Comandante!
Consentici di abbracciarTi.
Il Tuo 150° Corso "Montello".
Stamattina ho portato a Papà copia dello scritto dell’ “Allievo qualsiasi”… E’ difficile descrivere con quale gioia e commozione questa sorpresa sia stata accolta. Lo testimoniano le copiose lacrime che ne sono conseguite , oggetto di viva emozione anche per me.
Gesti come questo scatenano nella sua mente ricordi che riaffiorano vivissimi e lo riportano ad una lucidità straordinaria seppure temporanea. Questo effetto benefico si protrarrà a lungo nel tempo, anche perché quello scritto verrà gelosamente custodito e riletto fino a consumarlo. E chissà che l’ effetto non possa favorire un miglioramento che renda poi possibile quella visita che al momento abbiamo dovuto sospendere.
Mi ha pregato di trasmettere il suo sentito e affettuoso ringraziamento anticipando una risposta scritta che la sua decisa volontà intenderebbe indirizzarVi ma, purtroppo, sappiamo che non potrà seguire. Ringrazio nuovamente, insieme anche a quell’ … anonimo “Allievo qualsiasi” sia da parte di Papà sia da parte di Giancarlo e mia personale .
Un cordiale saluto,
Pierluigi Duranti.
Leggetela quella lettera, Ragazzi, così come leggete la sintesi della risposta: Ve ne verrà un indubbio arricchimento morale, una benefica sensazione di pace interiore, un anelito di giustificato orgoglio per aver contribuito alla serenità –seppur momentanea- di un Uomo che Noi tutti amiamo e che è sempre più prigioniero dell’età.
Tutti i “commenti” Gli verranno recapitati.
Un abbraccio,
Q.d.B.
Il nostro Comandante, il Comandante per antonomasia , ha raccolto intorno a se' l' affetto e la stima dei Suoi ex Allievi, frequentatori di Corso mentre Egli comandava il Battaglione. Sono passati ventiquattro anni da quando quel Corso ha celebrato il ventennale; in quella circostanza il Gen. Duranti , nel pieno delle forze, ha ricevuto da tutti i presenti attestazioni di affetto e di gratitudine per come aveva assolto il Suo difficile compito di formatore e di Comandante. A Lui veniva riconosciuta, in particolare, la capacità di valutare ogni cosa con grande serenità , la comprensione verso giovani in crescita che dovevano raggiungere l' ambizioso obiettivo di diventare a loro volta comandanti di uomini, la pacatezza nelle decisioni da assumere a fronte di ordini che non sempre collimavano con il buon senso e le necessità contingenti dei frequentatori.
E, già allora , il nostro Comandante, a noi che eravamo ormai uomini esperti, appariva un Mito che aveva a cuore le sorti di ciascuno di noi, giudicati come non meglio si poteva . Gli anni sono passati , abbiamo superato il trentennale, abbiamo festeggiato in più occasioni, tutte gioiose, i quaranta anni , ci siamo messi sull' attenti, in pochi o tanti a seconda dei punti di vista, dinanzi al Sacello Sacro del Vittoriano. Una vita dedicata alla Patria sia da quelli che l' hanno passata in armi, sia da coloro che, pur avendo operato altre scelte, si sentono strettamente legati agli ideali che li avevano indotti ad entrare in Accademia ed ai loro compagni di corso militari. Mamma Accademia ci ha unito e ci ha affratellato: e' un incontrovertibile dato di fatto che affonda le motivazioni in una educazione che ha posto l' Amicizia tra i Valori. Il Gen. Duranti ha vivificato questi sentimenti , ricevendo in cambio Affetto , Stima, Ammirazione di tantissimi che oggi - mentre la Sua salute vacilla- Lo vorrebbero riabbracciare, esprimendoGli la loro incondizionata ed enorme riconoscenza.
Ma il Gen. Duranti non e' stato solo il Comandante di Battaglione del 150°; molti altri prestigiosi Comandi, tantissimi, forse decine di migliaia, i soldati alle dipendenze. Eppure oggi , di questo ne abbiamo testimonianza certa, la Sua memoria viaggia verso i ricordi di quei giovani, noi, che tante soddisfazioni Gli hanno riservato. E i ricordi, quei bei ricordi, vivificati dalle fotografie delle nostre cerimonie di oggi e da qualche telefonata che e' possibile farGli, costituiscono l' ossatura della Sua giornata. Si sono generate, così, una eccezionale simbiosi tra Comandante ed Allievi di ieri ed una meravigliosa catena di Amore e di affetto tra generazioni diverse, entrambe non più giovani.
Cosa può avere provocato tutto ciò ? Come può essere possibile che la considerazione di un Ufficiale della caratura del Gen. Duranti si sia concentrata su di noi? Non si può pensare ai nostri meriti, pur riconoscendoli ad ognuno ; non si può pensare alla condizione speciale goduta da un Corso, il nostro, che è ai nostri occhi il Migliore, non si può credere che il Gen. Duranti non abbia avuto, tra i collaboratori, uomini di valore. Si è certi, però, che le Sue riconosciute qualità abbiano veicolato ,da noi verso di Lui, e sicuramente all' inverso, quei sentimenti che oggi albergano in ciascuno di noi e che Lui, sempre così sensibile e partecipe, ha avvertito da allora. E sono anche certo che oggi l' unicità dei ricordi risieda proprio nel feeling stabilitosi nel tempo, da tutti noi sempre onorato con costanza ed affetto e da Lui mai messo in discussione ma anzi sempre esaltato e vivificato.
Grazie, Comandante, per averci consentito di volerTi bene, grazie per quello che ci hai dato, per come ce l'hai porto, per quanto, ieri come oggi, rappresenti per noi. E quando, nel trascorrere delle Tue lunghe ore dinanzi alla teca dei ricordi, ci passi ancora una volta in rassegna, non dimenticare che hai in ognuno dei Tuoi Allievi di allora un Tuo fedelissimo che vorrebbe esserTi a fianco per sognare insieme .
Auguri, Comandante!
Consentici di abbracciarTi.
Il Tuo 150° Corso "Montello".
Stamattina ho portato a Papà copia dello scritto dell’ “Allievo qualsiasi”… E’ difficile descrivere con quale gioia e commozione questa sorpresa sia stata accolta. Lo testimoniano le copiose lacrime che ne sono conseguite , oggetto di viva emozione anche per me.
Gesti come questo scatenano nella sua mente ricordi che riaffiorano vivissimi e lo riportano ad una lucidità straordinaria seppure temporanea. Questo effetto benefico si protrarrà a lungo nel tempo, anche perché quello scritto verrà gelosamente custodito e riletto fino a consumarlo. E chissà che l’ effetto non possa favorire un miglioramento che renda poi possibile quella visita che al momento abbiamo dovuto sospendere.
Mi ha pregato di trasmettere il suo sentito e affettuoso ringraziamento anticipando una risposta scritta che la sua decisa volontà intenderebbe indirizzarVi ma, purtroppo, sappiamo che non potrà seguire. Ringrazio nuovamente, insieme anche a quell’ … anonimo “Allievo qualsiasi” sia da parte di Papà sia da parte di Giancarlo e mia personale .
Un cordiale saluto,
Pierluigi Duranti.
mercoledì 24 ottobre 2012
Così fan tutti
Anche se ultimamente sono poco presente, Vi garantisco che seguo giornalmente il nostro Blog per una sana voglia di sentirVi vicino e, senza alcuna retorica, confesso che i commenti sull’ultimo incontro romano mi hanno commosso. E’ incommensurabile la gioia che si prova nell’essere fieri di ciò che si è fatto e noi lo siamo perché, qualunque sia stato il percorso post Accademia, esso ha avuto quale vettore principale quel principio morale che ci ha spinto all’iniziale scelta.
Giovanni, al fine di dimostrare la sostanzialità della retorica propria di una cerimonia militare, ha fatto il paragone con ciò che avviene in un’aula di giustizia ma io vivo giornalmente in quelle aule e ciò che regola il mio comportamento è pura e semplice educazione civica ben diversa dall’ossequioso rispetto che nutrivo e che ancora sento come parte pregnante del mio essere, verso la nostra Bandiera o verso il ricordo dei nostri Caduti.
Il fine delle Forze Armate porta i propri adepti a vivere in modo diverso dal resto dei connazionali e credo che solo per essi possa valere l’assunto che la retorica è forma e allo stesso tempo sostanza. Quando ci si lega ad un giuramento che non crea solo obblighi limitati al proprio lavoro ma che impone, in maniera totale ed esclusiva, un determinato modo di vivere, elementi quali l’uniforme, i vessilli, le tradizioni, i ricordi assumono la forza vincolante dei principi normativi ai quali attenersi. Nel mondo “civile” non è così perché esiste una continua evoluzione od involuzione sociale ed economica che spesso ti porta a comportamenti lontani da ciò che credevi fosse il tuo modo di essere e penso che oggi, nella Vostra vita di pensionati, non circondati dalle mura di una caserma, Vi siate scontrati con una realtà forse in parte sconosciuta; un mondo dove spesso la disonestà, l’ipocrisia e la menzogna vengono giustificati dalla comune convinzione che “così fan tutti”.
Pensateci, quante volte nella nostra vita di caserma abbiamo giudicato l’operato dei nostri soldati in funzione delle loro idee politiche o della loro cultura o delle loro origini? credo mai …. oggi invece giudichiamo il “peso” di una corruzione o malversazione, in funzione del partito al quale il reo appartiene e tacciamo di bieca ipocrisia moralistica colui che punta il dito verso il malfattore appartenente al partito al quale abbiamo dato il voto. L’onestà, il rigore, la correttezza morale dovrebbero essere principi chiari ed assoluti non valutabili soggettivamente e allora perché quando i soggetti coinvolti sono politici non riusciamo ad essere obiettivi?
La comune convinzione che tutti sono corrotti o che tutti, quando raggiungono il potere, si comportano allo stesso modo toglie ogni speranza verso un futuro migliore e rende privi di significato quei principi sui quali abbiamo basato la nostra vita. Sì perché io credo che a tutti noi sia capitata l’occasione di debordare e se non lo abbiamo fatto non credo che abbia prevalso la vigliaccheria ma, piuttosto, quel semplice attributo chiamato onestà ed è proprio quella onestà che oggi ci da il diritto di puntare il dito verso tutti coloro che hanno dimostrato di non averla.
Alla nostra età il contributo al miglioramento sociale può essere minimo se non irrisorio ma ciò che possiamo lasciare a chi ci sta vicino e a chi ha creduto in noi consiste essenzialmente in quel sacrosanto diritto a giudicare che è proprio di coloro che hanno sempre rispettato le Istituzioni e le norme, morali e legislative, che le regolano. Se la nostra capacità di giudizio viene minata da spinte partigiane o da conoscenze superficiali e/o, ancor peggio, stereotipate, allora sì che anche il saluto a quella bandiera che oggi serviamo al di fuori della caserma potrebbe diventare semplice retorica fine a se stessa.
Questo pensiero lo rivolgo principalmente a me stesso perché nel quotidiano contrastato fra una innata intransigenza ed una più premiante voglia di adattamento non vorrei mai che prevaricasse il concetto “così fan tutti”. A Roma non ho partecipato per motivi di salute ma, con o senza basco, avrei voluto essere lì.
Un abbraccio,
Francesco.
Giovanni, al fine di dimostrare la sostanzialità della retorica propria di una cerimonia militare, ha fatto il paragone con ciò che avviene in un’aula di giustizia ma io vivo giornalmente in quelle aule e ciò che regola il mio comportamento è pura e semplice educazione civica ben diversa dall’ossequioso rispetto che nutrivo e che ancora sento come parte pregnante del mio essere, verso la nostra Bandiera o verso il ricordo dei nostri Caduti.
Il fine delle Forze Armate porta i propri adepti a vivere in modo diverso dal resto dei connazionali e credo che solo per essi possa valere l’assunto che la retorica è forma e allo stesso tempo sostanza. Quando ci si lega ad un giuramento che non crea solo obblighi limitati al proprio lavoro ma che impone, in maniera totale ed esclusiva, un determinato modo di vivere, elementi quali l’uniforme, i vessilli, le tradizioni, i ricordi assumono la forza vincolante dei principi normativi ai quali attenersi. Nel mondo “civile” non è così perché esiste una continua evoluzione od involuzione sociale ed economica che spesso ti porta a comportamenti lontani da ciò che credevi fosse il tuo modo di essere e penso che oggi, nella Vostra vita di pensionati, non circondati dalle mura di una caserma, Vi siate scontrati con una realtà forse in parte sconosciuta; un mondo dove spesso la disonestà, l’ipocrisia e la menzogna vengono giustificati dalla comune convinzione che “così fan tutti”.
Pensateci, quante volte nella nostra vita di caserma abbiamo giudicato l’operato dei nostri soldati in funzione delle loro idee politiche o della loro cultura o delle loro origini? credo mai …. oggi invece giudichiamo il “peso” di una corruzione o malversazione, in funzione del partito al quale il reo appartiene e tacciamo di bieca ipocrisia moralistica colui che punta il dito verso il malfattore appartenente al partito al quale abbiamo dato il voto. L’onestà, il rigore, la correttezza morale dovrebbero essere principi chiari ed assoluti non valutabili soggettivamente e allora perché quando i soggetti coinvolti sono politici non riusciamo ad essere obiettivi?
La comune convinzione che tutti sono corrotti o che tutti, quando raggiungono il potere, si comportano allo stesso modo toglie ogni speranza verso un futuro migliore e rende privi di significato quei principi sui quali abbiamo basato la nostra vita. Sì perché io credo che a tutti noi sia capitata l’occasione di debordare e se non lo abbiamo fatto non credo che abbia prevalso la vigliaccheria ma, piuttosto, quel semplice attributo chiamato onestà ed è proprio quella onestà che oggi ci da il diritto di puntare il dito verso tutti coloro che hanno dimostrato di non averla.
Alla nostra età il contributo al miglioramento sociale può essere minimo se non irrisorio ma ciò che possiamo lasciare a chi ci sta vicino e a chi ha creduto in noi consiste essenzialmente in quel sacrosanto diritto a giudicare che è proprio di coloro che hanno sempre rispettato le Istituzioni e le norme, morali e legislative, che le regolano. Se la nostra capacità di giudizio viene minata da spinte partigiane o da conoscenze superficiali e/o, ancor peggio, stereotipate, allora sì che anche il saluto a quella bandiera che oggi serviamo al di fuori della caserma potrebbe diventare semplice retorica fine a se stessa.
Questo pensiero lo rivolgo principalmente a me stesso perché nel quotidiano contrastato fra una innata intransigenza ed una più premiante voglia di adattamento non vorrei mai che prevaricasse il concetto “così fan tutti”. A Roma non ho partecipato per motivi di salute ma, con o senza basco, avrei voluto essere lì.
Un abbraccio,
Francesco.
martedì 16 ottobre 2012
L'essere Noi
Ho volutamente fatto trascorrere qualche giorno prima di dire la mia sull’ultima esperienza che Ci ha visti ancora una volta riuniti per celebrare degnamente un ulteriore momento della Nostra esperienza di vita che Ci accumuna da quarantaquattro anni.
L’ho fatto perché, nel raccontarla, non volevo farmi condizionare da quella valanga di emozioni che mi e Ci ha investito nelle poche ore trascorse insieme; emozioni che mi avrebbero fatto utilizzare termini ed espressioni fortemente impregnate di retorica (o ritenuta tale) e che avrebbero in qualche modo offuscato la genuinità dei miei sentimenti.
Non eravamo tanti, questo è vero; molti non hanno potuto, a causa di seri problemi di vario genere o delle bizze dei trasporti; altri non hanno voluto, per scelte personali, certamente legittime ma che li hanno qualificati e ne hanno sancito la collocazione nell’ambito del Corso; tutti, però, abbiamo avuto la possibilità di fare un qualcosa che, credetemi, finora nessuno aveva mai fatto.
Dire che è stata un’esperienza totalmente positiva, sarebbe riduttivo; dire che si sarebbe potuto fare di più e di meglio, forse sarebbe presuntuoso; ma dire che tutti quelli che hanno partecipato –compresi, logicamente, coloro che non hanno potuto farlo fisicamente- si sono sentiti attivi protagonisti di un qualcosa di più grande di loro, è sicuramente vero.
Vedete, Amici cari, ho sempre ritenuto che esiste uno spartiacque tra una vita vissuta come l’abbiamo vissuta Noi e quella della “gente comune”; uno spartiacque che è la sommatoria di tanti macro e micro tasselli etici, morali, spirituali ma anche pratici e che delimita e circoscrive in maniera perentoria il Nostro campo: quello dello “spirito di appartenenza”, unico, indelebile collante di umanità, immune dalle offese del tempo e che, mutuando il Poeta, “intender non lo può chi non lo prova”!
La riprova? Guardate questa foto; i protagonisti potrebbero essere ciascuno di Noi.
Io l’ho guardata con molta ma molta attenzione e mi sono convito che la spontaneità, la freschezza, la potenza emotiva e la gioia che spigionano da quell’abbraccio annullano il messaggio di tristezza, di caducità, di declino che vorrebbero trasmettere, invece, quei radi capelli bianchi; come dire: per Noi, per i Nostri sentimenti il Tempo non è nemico!
Abbiamo chiamato l’Evento “Addio alle Armi”, perché tale è stato; allora, consentitimi di concludere con questa frase di Hamingway tratta dall’omonimo romanzo: “La vita di ogni uomo finisce nello stesso modo. Sono i particolari del modo in cui si è vissuta che differenziano un uomo da un altro”.
Un abbraccio a Tutti,
Ettore.
L’ho fatto perché, nel raccontarla, non volevo farmi condizionare da quella valanga di emozioni che mi e Ci ha investito nelle poche ore trascorse insieme; emozioni che mi avrebbero fatto utilizzare termini ed espressioni fortemente impregnate di retorica (o ritenuta tale) e che avrebbero in qualche modo offuscato la genuinità dei miei sentimenti.
Non eravamo tanti, questo è vero; molti non hanno potuto, a causa di seri problemi di vario genere o delle bizze dei trasporti; altri non hanno voluto, per scelte personali, certamente legittime ma che li hanno qualificati e ne hanno sancito la collocazione nell’ambito del Corso; tutti, però, abbiamo avuto la possibilità di fare un qualcosa che, credetemi, finora nessuno aveva mai fatto.
Dire che è stata un’esperienza totalmente positiva, sarebbe riduttivo; dire che si sarebbe potuto fare di più e di meglio, forse sarebbe presuntuoso; ma dire che tutti quelli che hanno partecipato –compresi, logicamente, coloro che non hanno potuto farlo fisicamente- si sono sentiti attivi protagonisti di un qualcosa di più grande di loro, è sicuramente vero.
Vedete, Amici cari, ho sempre ritenuto che esiste uno spartiacque tra una vita vissuta come l’abbiamo vissuta Noi e quella della “gente comune”; uno spartiacque che è la sommatoria di tanti macro e micro tasselli etici, morali, spirituali ma anche pratici e che delimita e circoscrive in maniera perentoria il Nostro campo: quello dello “spirito di appartenenza”, unico, indelebile collante di umanità, immune dalle offese del tempo e che, mutuando il Poeta, “intender non lo può chi non lo prova”!
La riprova? Guardate questa foto; i protagonisti potrebbero essere ciascuno di Noi.
Io l’ho guardata con molta ma molta attenzione e mi sono convito che la spontaneità, la freschezza, la potenza emotiva e la gioia che spigionano da quell’abbraccio annullano il messaggio di tristezza, di caducità, di declino che vorrebbero trasmettere, invece, quei radi capelli bianchi; come dire: per Noi, per i Nostri sentimenti il Tempo non è nemico!
Abbiamo chiamato l’Evento “Addio alle Armi”, perché tale è stato; allora, consentitimi di concludere con questa frase di Hamingway tratta dall’omonimo romanzo: “La vita di ogni uomo finisce nello stesso modo. Sono i particolari del modo in cui si è vissuta che differenziano un uomo da un altro”.
Un abbraccio a Tutti,
Ettore.
sabato 13 ottobre 2012
giovedì 4 ottobre 2012
Addio alle Armi
Fra pochi giorni
avremo ancora una volta il piacere di incontrarci: celebreremo in modo
solenne il nostro “Addio alle Armi” al
sacro cospetto del Milite Ignoto e trascorreremo qualche ora insieme.
Formalmente ed
anagraficamente, si chiude un ciclo che ha visto il 150° “Montello” attivo
protagonista delle vicende dell’Esercito e dell’Arma; ognuno di Noi ha dato il
massimo che potesse dare; ognuno di Noi ha servito, con dignità ed onestà,
quell’Istituzione cui ci eravamo liberamente legati quarantaquattro anni fa;
ognuno di Noi l’ha lasciata nella forma ma l’ha conservata nel cuore.
Vivremo un
momento decisamente molto importante e particolarmente significativo al quale
avremmo voluto, con l’animo, che fosse con Noi il Generale Duranti: Lo avremmo
volentieri rivisto ed abbracciato, sentendoci rassicurati, ora come allora,
dalle Sue parole e dal Suo sorriso paterno.
Ciò, purtroppo,
non sarà possibile: a spiegarcene i motivi, è stato uno dei figli, Pierluigi,
al quale ci eravamo rivolti , facendogli presente che avremmo accolto , con
orgoglio , onore e gioia , il nostro
Comandante.
Egli ci ha partecipato che il Papà -che nello scorso maggio ha compiuto novanta anni- accompagna alla Sua menomazione ed agli inevitabili acciacchi dell’età -vissuta ancora oggi con la Sua forte fibra di combattente- una minore lucidità , perdendo spesso la coerenza temporale.
Pur avendo
considerato l’ipotesi di farGli vivere ancora una volta una “ grande
avventura”, accompagnandoLo a Roma per il nostro Raduno, i figli hanno
ritenuto, con dispiacere , di dover soprassedere. E ci hanno assicurato di aver
così deciso , con cosciente consapevolezza, sia per le reali difficoltà logistiche
connesse al Suo stato, sia, e soprattutto, per evitarGli la sofferenza e
l’umiliazione che Egli oggi prova quando si rende conto dei Suoi vuoti di
memoria.
Gli stessi figli
ci hanno assicurato che il nostro Comandante vive le Sue giornate nel ricordo
nostro e di quel periodo tanto che, a fronte delle perplessità palesateGli di venire a Roma, si è rivolto Loro con tono
autoritario, affermando che, allora, “avrebbe
usato la macchina di servizio”. Spesso, poi, da quel giorno, pretende di
alzarSi per poter partire, dovendo “partecipare
alla cerimonia di inaugurazione del Corso”…..
Nel mentre
formuliamo al Gen. Duranti, il nostro Comandante, l’augurio più fervido per la
Sua salute, affermiamo con orgoglio che i Suoi Allievi, riconoscenti e memori dei
Suoi insegnamenti e della Sua autorevole e paterna guida, lo hanno avuto, per
tutta la loro non breve vita militare, al proprio fianco.
E tale stato di
grazia per il Suo 150° Corso “Montello” troverà nuovo vigore anche il 13 ottobre
, su quella sacra Scalea: oggi come nel lontano ottobre 1968.
Q.d.B.
venerdì 21 settembre 2012
Un dubbio di fine estate
Il popolo degli internauti, categoria di cui non faccio parte, comunica da tempo con strumenti che nascono, si affermano, vengono superati da altri , più performanti, Facebook e Twitter in testa. Con essi il pensiero globalizzato ha permesso loro di pubblicare e condividere in rete molte e variegate idee in modo breve e veloce, attraverso gli status e le bacheche. Il buon, vecchio blog, ormai in servizio da quindici anni, ha invece una modalità di aggiornamento più lunga: trattandosi di un diario, i contenuti e le pagine vanno seguiti quotidianamente ( o, comunque, a cadenza stabilita) per non perdere l’attenzione dei propri lettori. Per contro, sui social network di nuova generazione, anche i più pigri sono “ socialmente attivi”.
Il blog, in genere, è destinato a doversi fare da parte: è difficile pensare che, con una legge culturale che non cannibalizza ma, certamente, emargina, qual è quella che governa la informazione ed i contatti in rete, il nostro benamato Blog, il Blog del 150° Corso, possa salvarsi.
In una società in cui il tempo è diventato ormai un lusso, anche la nostra informazione interattiva soffre e, forse, già da tempo. Occorre che essa si “ aggiorni “ affinché non vada perso o, meglio, posto in discussione, quanto di buono il Corso ha potuto mettere in atto attraverso una partecipazione che, seppur modesta nelle accorrenze, si è generalmente mantenuta su alti livelli culturali, sociologici, di costume, senza tralasciare i ricordi che saldano la nostra Amicizia.
Mi piace rivolgere un pensiero di gratitudine a Oliviero Moschin, a Pierluigi Genta, ad Ettore Magliocchetti: entusiasti, generosi, stakanovisti, hanno il merito di aver portato il Blog a livelli di eccellenza, migliorandone la fruibilità in ogni settore in cui esso è composto. Il Loro pregevole ma duro lavoro, però, non mi sembra essere apprezzato da molti, se sono vere le statistiche che mi vengono cortesemente inviate. Alla base di un ridotto accesso, invero, può esserci la minore predisposizione degli utenti, che siamo noi del Corso, ad aprire le pagine del web , sempre che il computer venga, però, acceso. Per questo motivo, occorre affermarlo con onestà intellettuale, anche altri sistemi di comunicazione, quelli ai quali accennavo in principio, non modificherebbero le abitudini.
Sull’argomento, sempre che sia benevolmente ritenuto d’interesse, mi piacerebbe avere un commento da parte dei summenzionati addetti ai lavori, auspicando la diretta partecipazione di tanti altri Amici ad un dibattito che sarebbe utile aprire, per valorizzare un prodotto che è sì dell’iniziativa di alcuni, ma costituisce anche una accreditata pagina di condivisione di idee e di valori per tanti.
Un abbraccio a Tutti,
Carlo Minchiotti.
Il blog, in genere, è destinato a doversi fare da parte: è difficile pensare che, con una legge culturale che non cannibalizza ma, certamente, emargina, qual è quella che governa la informazione ed i contatti in rete, il nostro benamato Blog, il Blog del 150° Corso, possa salvarsi.
In una società in cui il tempo è diventato ormai un lusso, anche la nostra informazione interattiva soffre e, forse, già da tempo. Occorre che essa si “ aggiorni “ affinché non vada perso o, meglio, posto in discussione, quanto di buono il Corso ha potuto mettere in atto attraverso una partecipazione che, seppur modesta nelle accorrenze, si è generalmente mantenuta su alti livelli culturali, sociologici, di costume, senza tralasciare i ricordi che saldano la nostra Amicizia.
Mi piace rivolgere un pensiero di gratitudine a Oliviero Moschin, a Pierluigi Genta, ad Ettore Magliocchetti: entusiasti, generosi, stakanovisti, hanno il merito di aver portato il Blog a livelli di eccellenza, migliorandone la fruibilità in ogni settore in cui esso è composto. Il Loro pregevole ma duro lavoro, però, non mi sembra essere apprezzato da molti, se sono vere le statistiche che mi vengono cortesemente inviate. Alla base di un ridotto accesso, invero, può esserci la minore predisposizione degli utenti, che siamo noi del Corso, ad aprire le pagine del web , sempre che il computer venga, però, acceso. Per questo motivo, occorre affermarlo con onestà intellettuale, anche altri sistemi di comunicazione, quelli ai quali accennavo in principio, non modificherebbero le abitudini.
Sull’argomento, sempre che sia benevolmente ritenuto d’interesse, mi piacerebbe avere un commento da parte dei summenzionati addetti ai lavori, auspicando la diretta partecipazione di tanti altri Amici ad un dibattito che sarebbe utile aprire, per valorizzare un prodotto che è sì dell’iniziativa di alcuni, ma costituisce anche una accreditata pagina di condivisione di idee e di valori per tanti.
Un abbraccio a Tutti,
Carlo Minchiotti.
mercoledì 12 settembre 2012
Pensiero ed appartenenza
La morte del Cardinale
Martini, com’era facile prevedere, ha innescato un “tiro al bersaglio” da parte
di tutte le fazioni interessate; laici, clericali, cattolici liberali etc. etc.
etc..
Pur definendomi
un convinto cristiano, non frequento molto il clero perché, specialmente quella
parte che si occupa di economia e finanza, spesso “è costretta” a distaccarsi
dagli insegnamenti del Cristo. Ho avuto modo, però, di conoscere personalmente
Martini ad una conferenza che Lui tenne al compimento dei Suoi 75 anni e mi
lasciò una sensazione di conflitto fra la naturale propensione verso un uomo
che sa parlarti amorevolmente con estrema semplicità e la diffidenza che deriva
dall’esposizione di un pensiero ambiguo.
Egli si presentò
dicendo: “Ora forse vi chiederete cosa
voglio fare dopo aver esercitato per tanti anni il ministero di Vescovo; vorrei
collocarmi come ultimo dei discepoli di Sant’Ambrogio e ciò che mi preparo a
fare vorrei esprimerlo con due parole: una che indica novità e l’atra che
indica continuità”.
Basta un simile
concetto per portarti nel mirabolante gioco degli equivoci. Il nuovo è ciò che
non c’è mentre la continuità è la persistenza di ciò che c’è; cosa voleva dire
allora quell’uomo che si dichiarava fortemente “uomo della Chiesa” e che, nello
stesso tempo, affermava che questa era rimasta indietro di 200 anni.
Le parole fuoriuscivano
con facilità dalla Sua bocca senza alcuna alterazione di toni e quando toccò
l’argomento Fede partendo
dall’ambiente dei Gesuiti, dove Egli si era formato, non mi fu difficile
comprendere la differenza fra dedizione completa -per un cattolico radice di
ogni decisione possibile- e l’aspetto evangelico inteso come dialogo nel e con
il mondo. Capii allora che non si può
conquistare la Fede attraverso un percorso intellettivo che enunci la tesi
attraverso la dimostrazione razionale delle ipotesi. Si può credere ciecamente
nell’esistenza di Dio solo attraverso la conoscenza e la dedizione continua
verso l’uomo e la sua vita terrena.
Quando poi toccò
gli argomenti propriamente “terreni”, vidi un prete “diverso”. Egli parlò del
rapporto Chiesa/politica affermando che la rinuncia della Chiesa a voler essere
una forza rilevante nel quadro politico della società avrebbe rappresentato un
atto di umiltà, mitezza, misericordia e riconoscimento delle proprie colpe che,
col tempo, avrebbe fatto crescere la stessa Chiesa.
Parlò della
omosessualità, mostrandosi favorevole al fatto che due omosessuali avessero una
certa stabilità di rapporti che lo Stato avrebbe dovuto agevolare e non esternò
alcuna contrarietà alle unioni civili. Alle domande più specifiche sulla natura
del rapporto fra soggetti dello stesso
sesso diede, però, una strana risposta definendoli rapporti di amicizia
duratura e fedele. Questo tipo di amicizia, a suo dire, sarebbe stata tenuta in
grande onore nel mondo antico anche se intesa nell’ambito di un superamento
della sfera sessuale.
Allora giudicai
questo concetto incomprensibile e contraddittorio e volli credere che, in
fondo, Egli era favorevole ad una piena libertà sessuale tanto che a domande
sull’Hiv mostrò desolazione per il numero dei malati e si espresse
favorevolmente all’uso del preservativo per combattere la diffusione del virus.
Nel corso degli
anni e dopo il manifestarsi della malattia, quella che definii ambiguità si
palesò anche su altre due questioni di importanza fondamentale per la Chiesa:
l’obbligo di celibato per i preti e l’eutanasia. Nel primo caso, in tema alle
vicende sulla pedofilia nella Chiesa cattolica, Egli dichiarò, ad alcune
agenzie di stampa, che sarebbe stato favorevole all’abolizione del celibato salvo
poi, in un comunicato dell’Arcidiocesi di Milano, smentire queste
dichiarazioni. Nel secondo, non si espresse mai favorevolmente per l’eutanasia
ma ha sempre dimostrato fermezza contro l’accanimento terapeutico ed in questo
è stato coerente sino alla morte. Proprio sulla morte Egli disse: “Mi sono riappacificato col pensiero di dover
morire quando ho compreso che senza la morte non arriveremmo mai a fare un atto
di piena fiducia in Dio. Di fatto in ogni scelta impegnativa, noi abbiamo
sempre delle uscite di sicurezza. Invece la morte ci obbliga a fidarci
totalmente di Dio”.
Se qualcuno
dovesse oggi chiedermi di esprimere un giudizio sul Cardinale Martini mi
discosterei completamente dalle considerazioni riportate sulla stampa che va
per la maggiore. Non lo giudico un Cappellano “alternativo” come ha fatto
“Repubblica” ed “il Corriere della sera” né un “sovversivo” incoerente come è
stato evidenziato su un blog lanciato da “Libero”.
Io credo che
egli sia stato un teologo con una profonda fede cristiana che spesso veniva
sottoposta alla prova delle quotidiane verifiche; alla fine, però, il senso
dell’Istituzione e la voglia di appartenere alla Sua Chiesa hanno sempre
prevalso. Per fare un esempio a voi consono, è come il militare che si trova ad
essere in disaccordo con le decisioni dei suoi superiori ma che crede fortemente
nel giuramento fatto, nella Bandiera, in tutto ciò che essa rappresenta e
nell’uniforme che indossa.
Con una
trasposizione nel mondo laico, penso che là dove i grandi pensieri ideologici,
socialismo e capitalismo, sono franati davanti al bisogno di individualismo ed
al fallimento della finanza, ci resta solo l’appartenenza allo Stato ed alle
sue Istituzioni; anche a rischio di qualche incoerenza.
Francesco.
martedì 4 settembre 2012
Amarcord
Quando vado in ferie in Liguria, sono solito spostarmi con la Vespa, che mi consente di muovermi più agevolmente sull’unica strada disponibile nella regione: l’Aurelia. Effettuo pertanto il trasferimento Milano–Toirano scegliendo ogni anno una strada diversa, rigidamente al di fuori delle noiosissime autostrade.
L’altro giorno, tornando a casa, mi è venuto in mente di passare da Sassello e quindi da Giovo Ligure, teatro dei nostri “campeggi forzati”, delle nostre prime esercitazioni, delle marce estenuanti, delle inesorabili prove valutative e dei primi, timidi approcci con gli “alberi a palla”. Avevo al seguito una macchina fotografica e mi sono chiesto “perché non immortalare la situazione di oggi, tanto per vedere l’evoluzione dei luoghi?!”: ebbene, quell’angolo di paradiso che aveva dato ospitalità alle nostre confortevoli tende “a canile” è diventato un’area pic-nic!
Ora, quei capannoni che ci ospitavano per la consumazione dei nostri pantagruelici pasti sono adibiti a stalle, o meglio come insegnano i Cavalieri, a scuderie. Ci sono cavalli, capre e un’istruttrice di equitazione certamente più bella dei nostri “amati” Vaccari o Contadini.
Ho scattato qualche foto e, una volta a casa, ho trovato nelle mie vecchie carte un’immagine dell’ingresso dell’accampamento e l’ho confrontata con la realtà odierna. Osservando le due fotografie, ho notato che non è che sia cambiato molto, persino i pali della luce sono sempre gli stessi! Quello che non si vede –e che non ho potuto controllare- se esiste ancora la catena interrata e mimetizzata; ricordate, quel “sistema di sicurezza passiva” che l’Allievo di guardia doveva sollevare all’arrivo di un’autovettura per costringerla a fermarsi e per controllare l’identità degli occupanti.
Allora mi è tornato alla mente quel giorno che fu messa alla prova l’efficacia deterrente di quella famosa catena, quando il figlio del Generale Comandante, ignorando le disposizioni, se ne fregò altamente e, entrando in macchina, trascinò per alcuni metri la catena insieme all’Allievo che, obbediente alla consegna ricevuta, non mollò affatto la suddetta. Vi lascio solo immaginare il caos che si scatenò, tra l’Ufficiale di Picchetto che urlava “chi è il responsabile” (come ci volesse molto a stabilirlo!), il Capoposto che cercava disperatamente di rimettere in piedi il paletto della catena e quel poveraccio di Allievo che se ne stava impalato con la catena in mano e lo sguardo perso nel vuoto. Non mi ricordo chi fosse l’Allievo in questione: chi lo ricordasse, non taccia!
Però, quel figlio era proprio strano! Era lo stesso, ricordate, che giocava a nascondino dietro le colonne del loggiato o delle mansa e ci spiava per carpire chissà quali segreti.
A dire il vero, pure il padre, il “Generale poeta”, in quanto a stranezze non era secondo a nessuno. Scrisse una poesia che fu “naturalmente inserita” nel nostro Numero Unico, a fianco della sua fotografia. Una volta terminata la stampa del volume, la sua Musa gli fece notare che era meglio modificare un verso. La nuova versione del verso fu stampata su carta adesiva dello stesso colore e poi fu applicata sull’originale. Da parte di chi? Ovviamente degli Allievi che avevano terminato gli esami e non potevano stare in pericolosissimo ozio!
Fui uno dei baciati dalla fortuna!
Ciao a Tutti,
Carlo Maria.
L’altro giorno, tornando a casa, mi è venuto in mente di passare da Sassello e quindi da Giovo Ligure, teatro dei nostri “campeggi forzati”, delle nostre prime esercitazioni, delle marce estenuanti, delle inesorabili prove valutative e dei primi, timidi approcci con gli “alberi a palla”. Avevo al seguito una macchina fotografica e mi sono chiesto “perché non immortalare la situazione di oggi, tanto per vedere l’evoluzione dei luoghi?!”: ebbene, quell’angolo di paradiso che aveva dato ospitalità alle nostre confortevoli tende “a canile” è diventato un’area pic-nic!
Ora, quei capannoni che ci ospitavano per la consumazione dei nostri pantagruelici pasti sono adibiti a stalle, o meglio come insegnano i Cavalieri, a scuderie. Ci sono cavalli, capre e un’istruttrice di equitazione certamente più bella dei nostri “amati” Vaccari o Contadini.
Ho scattato qualche foto e, una volta a casa, ho trovato nelle mie vecchie carte un’immagine dell’ingresso dell’accampamento e l’ho confrontata con la realtà odierna. Osservando le due fotografie, ho notato che non è che sia cambiato molto, persino i pali della luce sono sempre gli stessi! Quello che non si vede –e che non ho potuto controllare- se esiste ancora la catena interrata e mimetizzata; ricordate, quel “sistema di sicurezza passiva” che l’Allievo di guardia doveva sollevare all’arrivo di un’autovettura per costringerla a fermarsi e per controllare l’identità degli occupanti.
Allora mi è tornato alla mente quel giorno che fu messa alla prova l’efficacia deterrente di quella famosa catena, quando il figlio del Generale Comandante, ignorando le disposizioni, se ne fregò altamente e, entrando in macchina, trascinò per alcuni metri la catena insieme all’Allievo che, obbediente alla consegna ricevuta, non mollò affatto la suddetta. Vi lascio solo immaginare il caos che si scatenò, tra l’Ufficiale di Picchetto che urlava “chi è il responsabile” (come ci volesse molto a stabilirlo!), il Capoposto che cercava disperatamente di rimettere in piedi il paletto della catena e quel poveraccio di Allievo che se ne stava impalato con la catena in mano e lo sguardo perso nel vuoto. Non mi ricordo chi fosse l’Allievo in questione: chi lo ricordasse, non taccia!
Però, quel figlio era proprio strano! Era lo stesso, ricordate, che giocava a nascondino dietro le colonne del loggiato o delle mansa e ci spiava per carpire chissà quali segreti.
A dire il vero, pure il padre, il “Generale poeta”, in quanto a stranezze non era secondo a nessuno. Scrisse una poesia che fu “naturalmente inserita” nel nostro Numero Unico, a fianco della sua fotografia. Una volta terminata la stampa del volume, la sua Musa gli fece notare che era meglio modificare un verso. La nuova versione del verso fu stampata su carta adesiva dello stesso colore e poi fu applicata sull’originale. Da parte di chi? Ovviamente degli Allievi che avevano terminato gli esami e non potevano stare in pericolosissimo ozio!
Fui uno dei baciati dalla fortuna!
Ciao a Tutti,
Carlo Maria.
venerdì 27 luglio 2012
Ricordo di un Galantuomo
La pressione morale ed il coinvolgimento mediatico scientificamente operati su di Lui hanno avuto ragione di una straordinaria Persona, sensibile, mite, generosa, di sostanza e mai di apparenza.
Tutti oggi ne parlano in maniera meravigliosa, anche chi -per puro calcolo elettorale- lo ha usato per screditare le Istituzioni e la più Alta e moralmente ineccepibile Carica dello Stato.
Ho avuto la fortuna di conoscerLo 26 anni fa per esigenze di lavoro.
Ero al Comando Generale e curavo tutte le pubblicazioni. L'Arma Gli aveva affidato la redazione di un Codice commentato e, vistane l'ottima riuscita, tanti altri libri.
Abbiamo lavorato insieme almeno quattro anni e siamo diventati Amici.
Di Lui apprezzavo l'ansia realizzatrice, la cultura giuridica senza confini, la carica vitale. Era, già allora, amico di tanti illustri personaggi ma si dedicava ai piccoli -ero tra questi- con le stesse attenzioni, con lo stesso impegno.
Abbiamo continuato, con questa Sua propensione, a frequentarci.
Questo era Loris D'Ambrosio, secondo la mia testimonianza.
Questo Grande Servitore dello Stato è stato svillaneggiato, vituperato, mortificato - E PURTROPPO E' MORTO- da un soggetto che si qualifica molto male da solo e che, peraltro, ha indossato la Sua stessa toga.
Una preghiera, cari Amici, mi sento di rivolgerVi, con la speranza che la vogliate raccogliere: quando doveste incontrarlo, quando Vi trovaste a parlare di lui, essendo egli un soggetto completamente diverso dal buon Consigliere D'Ambrosio, trattatelo, parlatene con sufficienza, con disprezzo. Non è stato la Causa ma ha determinato l'effetto.
Un abbraccio con l'affetto che mi sapete,
Carlo Minchiotti.
Ho avuto la fortuna di conoscerLo 26 anni fa per esigenze di lavoro.
Ero al Comando Generale e curavo tutte le pubblicazioni. L'Arma Gli aveva affidato la redazione di un Codice commentato e, vistane l'ottima riuscita, tanti altri libri.
Abbiamo lavorato insieme almeno quattro anni e siamo diventati Amici.
Di Lui apprezzavo l'ansia realizzatrice, la cultura giuridica senza confini, la carica vitale. Era, già allora, amico di tanti illustri personaggi ma si dedicava ai piccoli -ero tra questi- con le stesse attenzioni, con lo stesso impegno.
Abbiamo continuato, con questa Sua propensione, a frequentarci.
Questo era Loris D'Ambrosio, secondo la mia testimonianza.
Questo Grande Servitore dello Stato è stato svillaneggiato, vituperato, mortificato - E PURTROPPO E' MORTO- da un soggetto che si qualifica molto male da solo e che, peraltro, ha indossato la Sua stessa toga.
Una preghiera, cari Amici, mi sento di rivolgerVi, con la speranza che la vogliate raccogliere: quando doveste incontrarlo, quando Vi trovaste a parlare di lui, essendo egli un soggetto completamente diverso dal buon Consigliere D'Ambrosio, trattatelo, parlatene con sufficienza, con disprezzo. Non è stato la Causa ma ha determinato l'effetto.
Un abbraccio con l'affetto che mi sapete,
Carlo Minchiotti.
martedì 3 luglio 2012
Va bene così
Era saggio, nonché opportuno, far passare qualche ora dall’amara conclusione della finalissima Italia-Spagna, prima di fare qualche considerazione –rigorosamente personale- su questi Europei 2012 di Polonia ed Ucraina.
Da un punto di vista calcistico, possiamo dire che ci andata oltre le più rosee aspettative: eravamo partiti come cenerentola, eravamo riusciti pure a trasformare la zucca in carrozza con tanto di “traino ad otto”, avevamo preso parte al ballo del Principe....non siamo riusciti solo a calzare la scarpina: forse, perché non avevamo nemmeno più la forza per alzare il piede!
Non è certo una consolazione, specie quando ci si era fatti la bocca buona; però, possiamo dire con tutta onestà che, da quell’infausto ed umiliante “Sudafrica 2010”, abbiamo fatto un bel passo avanti: un passo che ci ha avvicinati al salotto buono del Calcio continentale, con buone e concrete prospettive per quello mondiale.
Bellissima è stata, invece, la partecipazione convinta ed anche a tempo dei giocatori (ma anche della panchina e del pubblico) all’Inno; forse penseranno che “coorte” sia una “corte” con una “o” in più (come sembra abbia spiegato Totti a De Rossi che gli aveva chiesto...ma che vor dì?!); resta il fatto, però, che cantavano ed erano convinti e partecipi di quello che stavano facendo.
Non mi va né ne ho le competenze per giudicare le scelte tecniche (alla fin fine, però, rivelatesi azzeccate) o il rendimento dei singoli che hanno dato tutti il massimo, in termini sia tecnici che fisici; mi resta solo il cruccio che Giggetto, nonostante i continui, accorati solleciti, non sia riuscito a risolvere il “caso Montolivo”.
Quello che vorrei commentare, invece, è il contorno in cui la manifestazione si è svolta; un contorno che è stato dominato dai servizi RAI e dalle “esternazioni” dei soliti radical chic che, forse per giustificare la propria esistenza, non si sono fatti scrupolo di offrire il meglio di sé, in termini di luoghi comuni e di qualunquismo. Partiamo dalla RAI. Che la TV pubblica fosse alla frutta (ma io credo, all’ammazzacaffé) è un dato di fatto e non solo nell’ambito sportivo; quello che ci ha “offerto” nella circostanza credo rappresenti l’apoteosi del dejà vu che, però forse in un eccesso di fiducia, credevamo di non essere costretti a vedere più.
Personaggi “in studio” che pontificano, conduttori che non conducono un bel niente, hanno dato un’immagine di dilettanti allo sbaraglio, in raffronto dei colleghi delle TV a pagamento; per non parlare dei telecronisti, specie quelli tecnici, il cui “tecnico” raggiungeva vette eccelse del tipo “questo è fallo”, “la sfera era uscita” , "non dobbiamo buttar via la palla” etc. etc., per non parlare del continuo e perdente conflitto con la Lingua italiana, che ha visto D’Amico insuperato ed insuperabile protagonista.
E veniamo ai “tuttologi”, quella categoria di autoproclamati “eletti” che si arroga il diritto di intervenire su tutto e su tutti, assumendo sempre atteggiamenti controcorrente, riuscendo sempre a rovinare la gioia ed il legittimo orgoglio di un intero Popolo, foss’anche per una semplice partita di pallone.
Certo, da “radio padania” non ci si poteva aspettare altro: sarebbe come pretendere che un asino voli!
Ma da Travaglio e da Grillo –che pure stupidi non sono- mi sarei aspettato che, per una volta, fossero stati capaci di rinunciare al loro pessimismo cosmico e avessero vissuto l’evento per quello che era: un effimero momento di esaltazione che è proprio di qualsiasi Popolo, a qualsiasi latitudine.
Non c’era certo bisogno delle loro acide filippiche per ricordarci dei legami tra le banche e le (maggiori) società calcistiche spagnole; così come non c’era bisogno per ricordarci degli scandali-scommesse; hanno voluto ergersi, ancora una volta, a censori duri e puri ma, a mio avviso, l’hanno fatta fuori dal vaso: se tacevano era meglio per tutti, soprattutto per loro!
Prossimo appuntamento: dopo la finalissima (con l’Italia logicamente) del Mundial brasileiro!!!
Un abbraccio a Tutti,
Ettore.
Da un punto di vista calcistico, possiamo dire che ci andata oltre le più rosee aspettative: eravamo partiti come cenerentola, eravamo riusciti pure a trasformare la zucca in carrozza con tanto di “traino ad otto”, avevamo preso parte al ballo del Principe....non siamo riusciti solo a calzare la scarpina: forse, perché non avevamo nemmeno più la forza per alzare il piede!
Non è certo una consolazione, specie quando ci si era fatti la bocca buona; però, possiamo dire con tutta onestà che, da quell’infausto ed umiliante “Sudafrica 2010”, abbiamo fatto un bel passo avanti: un passo che ci ha avvicinati al salotto buono del Calcio continentale, con buone e concrete prospettive per quello mondiale.
Bellissima è stata, invece, la partecipazione convinta ed anche a tempo dei giocatori (ma anche della panchina e del pubblico) all’Inno; forse penseranno che “coorte” sia una “corte” con una “o” in più (come sembra abbia spiegato Totti a De Rossi che gli aveva chiesto...ma che vor dì?!); resta il fatto, però, che cantavano ed erano convinti e partecipi di quello che stavano facendo.
Non mi va né ne ho le competenze per giudicare le scelte tecniche (alla fin fine, però, rivelatesi azzeccate) o il rendimento dei singoli che hanno dato tutti il massimo, in termini sia tecnici che fisici; mi resta solo il cruccio che Giggetto, nonostante i continui, accorati solleciti, non sia riuscito a risolvere il “caso Montolivo”.
Quello che vorrei commentare, invece, è il contorno in cui la manifestazione si è svolta; un contorno che è stato dominato dai servizi RAI e dalle “esternazioni” dei soliti radical chic che, forse per giustificare la propria esistenza, non si sono fatti scrupolo di offrire il meglio di sé, in termini di luoghi comuni e di qualunquismo. Partiamo dalla RAI. Che la TV pubblica fosse alla frutta (ma io credo, all’ammazzacaffé) è un dato di fatto e non solo nell’ambito sportivo; quello che ci ha “offerto” nella circostanza credo rappresenti l’apoteosi del dejà vu che, però forse in un eccesso di fiducia, credevamo di non essere costretti a vedere più.
Personaggi “in studio” che pontificano, conduttori che non conducono un bel niente, hanno dato un’immagine di dilettanti allo sbaraglio, in raffronto dei colleghi delle TV a pagamento; per non parlare dei telecronisti, specie quelli tecnici, il cui “tecnico” raggiungeva vette eccelse del tipo “questo è fallo”, “la sfera era uscita” , "non dobbiamo buttar via la palla” etc. etc., per non parlare del continuo e perdente conflitto con la Lingua italiana, che ha visto D’Amico insuperato ed insuperabile protagonista.
E veniamo ai “tuttologi”, quella categoria di autoproclamati “eletti” che si arroga il diritto di intervenire su tutto e su tutti, assumendo sempre atteggiamenti controcorrente, riuscendo sempre a rovinare la gioia ed il legittimo orgoglio di un intero Popolo, foss’anche per una semplice partita di pallone.
Certo, da “radio padania” non ci si poteva aspettare altro: sarebbe come pretendere che un asino voli!
Ma da Travaglio e da Grillo –che pure stupidi non sono- mi sarei aspettato che, per una volta, fossero stati capaci di rinunciare al loro pessimismo cosmico e avessero vissuto l’evento per quello che era: un effimero momento di esaltazione che è proprio di qualsiasi Popolo, a qualsiasi latitudine.
Non c’era certo bisogno delle loro acide filippiche per ricordarci dei legami tra le banche e le (maggiori) società calcistiche spagnole; così come non c’era bisogno per ricordarci degli scandali-scommesse; hanno voluto ergersi, ancora una volta, a censori duri e puri ma, a mio avviso, l’hanno fatta fuori dal vaso: se tacevano era meglio per tutti, soprattutto per loro!
Prossimo appuntamento: dopo la finalissima (con l’Italia logicamente) del Mundial brasileiro!!!
Un abbraccio a Tutti,
Ettore.
sabato 30 giugno 2012
I Popoli e lo Sport sollecitano l’Europa ad unirsi?
I tg si aprono annunciando, in prima pagina, la vittoria dell’Italia sulla Germania per 2 a 1.
Compare sul video il volto di una donna, una mamma, col viso segnato dai colori della bandiera tedesca ed una … lacrima lunga, vera che giù giù si stende sulla gota. Un volto già inquadrato nel corso della partita in diretta. Una lacrima che sgorga dal cuore sul 2 a 0 e che trasmette, nel volto intero, una malcelata e costosa ( in termini emotivi) rassegnazione. Ma quel volto nell’italiano che l’osserva si traduce in un sorriso, un secondo piacevole sorriso perché il primo era naturalmente comparso davanti lo schermo sul formidabile gol di testa di Mario, improvviso come un frustata secca della quale non sai la provenienza, ma che d’innerva. Ma quanti italiani avrebbero voluto vedere in quel tondo viso quello della Merkel? No, Lei non avrebbe pianto di rammarico. Lei avrebbe sopportato in silenzio. Chissà, però. Può Lei provare quello che provano gli autentici sani tifosi? Ossia lo smacco che subisce una squadra perfetta programmata a tavolino, abitudinaria, di fronte ad una squadra eclettica, brillante, piena di estro, di smalto, di inventiva …… caratteristiche che i tedeschi, per la loro natura, non potranno mai avere? Ed in politica? In politica perché non accade questo? Eppure sono, ad un tempo, italiani gli uni e italiani gli altri.
E’ scritto nei commenti del blog: la classe politica alemanna è limpida come quella lacrima, ferrea, lineare, adamantina, bianca, rispettosa della legge. Non come i nostri politici che sono estrosi, che agiscono per ispirazioni stravaganti e/o bizzarre, di confusione, …….. sino a spingersi o consentire che troppi si spingano nelle aree grigie e torbide (i poteri forti) e oltrepassarle sino alle più oscure, quelle criminali, dove i confini sono più netti verso il male, dove la locupletazione prende il sopravvento e diventa religio. Nel senso di “legare” gli adepti al solo arricchimento in danaro, non importa come conseguito.
I nostri politici sono diventati “abitudinari” nella loro opulenza e non vedono altro. Come il residente che nel fare quotidianamente una via, si accorge delle bellezze che in quella via sono ubicate solo quando qualcuno, percorrendo quella via per la prima volta insieme a lui, gli chiede notizie, ma non ottiene risposta. Ma con questa ottusità, abitudinarietà, non si esce dalla crisi. E Monti, bocconiano, è un abitudinario, un conservatore, un ragioniere stantio, di cui questa classe politica abitudinaria ha necessità, bisogno estremo per contrastare le “novità”, l’eclettismo, la modernità, così come una squadra di calcio eclettica ha dimostrato di poter vincere con la scelta, con la rottura, con la trasformazione, con la famosa “svolta” insomma. L’Italia calcistica (giovane) ha vinto, osando. Meglio comunque Monti dei matricolati “ladri” abitudinari. Meglio persino l’abitudinaria, ma onesta ( e non è poco) Germania che dà lavoro a tutti e che persevera una politica di utilità per il Paese e non per le solite “cricche”. Se non sono possibili le “fiammate” di cui noi Italiani siamo orgogliosi portatori, preferisco la Germania, conservatrice e, soprattutto, onesta. O lo stantio, la muffa, il vecchio, il guasto, il deteriorato o il nuovo, il fresco, il guizzante. Scegliete voi. Dove? Nell’urna. Altre possibilità, attesi i momenti veramente bui, non penso siano date.
Sono, però, sempre più convinto che la via giusta è quella di una unica Europa politica, UK e CH permettendo. Mentre la Russia, il popolo russo, ne sono convinto, vi entrerebbe de plano. Se non altro per facilitare i Potenti della terra nelle loro scelte quotidiane: Napolitano ha ieri tifato per l’Italia azzurra, la Merkel per la bianca Germania. Ma Ratzinger, per chi ha veramente tifato?
Ciao a Tutti,
Marcello.
E’ scritto nei commenti del blog: la classe politica alemanna è limpida come quella lacrima, ferrea, lineare, adamantina, bianca, rispettosa della legge. Non come i nostri politici che sono estrosi, che agiscono per ispirazioni stravaganti e/o bizzarre, di confusione, …….. sino a spingersi o consentire che troppi si spingano nelle aree grigie e torbide (i poteri forti) e oltrepassarle sino alle più oscure, quelle criminali, dove i confini sono più netti verso il male, dove la locupletazione prende il sopravvento e diventa religio. Nel senso di “legare” gli adepti al solo arricchimento in danaro, non importa come conseguito.
I nostri politici sono diventati “abitudinari” nella loro opulenza e non vedono altro. Come il residente che nel fare quotidianamente una via, si accorge delle bellezze che in quella via sono ubicate solo quando qualcuno, percorrendo quella via per la prima volta insieme a lui, gli chiede notizie, ma non ottiene risposta. Ma con questa ottusità, abitudinarietà, non si esce dalla crisi. E Monti, bocconiano, è un abitudinario, un conservatore, un ragioniere stantio, di cui questa classe politica abitudinaria ha necessità, bisogno estremo per contrastare le “novità”, l’eclettismo, la modernità, così come una squadra di calcio eclettica ha dimostrato di poter vincere con la scelta, con la rottura, con la trasformazione, con la famosa “svolta” insomma. L’Italia calcistica (giovane) ha vinto, osando. Meglio comunque Monti dei matricolati “ladri” abitudinari. Meglio persino l’abitudinaria, ma onesta ( e non è poco) Germania che dà lavoro a tutti e che persevera una politica di utilità per il Paese e non per le solite “cricche”. Se non sono possibili le “fiammate” di cui noi Italiani siamo orgogliosi portatori, preferisco la Germania, conservatrice e, soprattutto, onesta. O lo stantio, la muffa, il vecchio, il guasto, il deteriorato o il nuovo, il fresco, il guizzante. Scegliete voi. Dove? Nell’urna. Altre possibilità, attesi i momenti veramente bui, non penso siano date.
Sono, però, sempre più convinto che la via giusta è quella di una unica Europa politica, UK e CH permettendo. Mentre la Russia, il popolo russo, ne sono convinto, vi entrerebbe de plano. Se non altro per facilitare i Potenti della terra nelle loro scelte quotidiane: Napolitano ha ieri tifato per l’Italia azzurra, la Merkel per la bianca Germania. Ma Ratzinger, per chi ha veramente tifato?
Ciao a Tutti,
Marcello.
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